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Diretore: Pepe Coròngiu       Coord.Editoriale: Micheli Ladu
SEBEROS DE IMPRENTA

30/03/2007
Rivolta contro la lingua unica italiana  

Il Psd’Az: «Giornata di lutto». Giuseppe Cossiga (Fi), «Iniziativa inutile e troppo centralistica» Il sardista Efisio Trincas «Una scelta liberticida:
annulla la nostra dignità». E c’è chi, in punta di diritto, spiega perché un domani l’eventuale sì del Senato e quindi il varo definitivo della normativa
saranno senza conseguenze giuridiche pratiche sulla valorizzazione delle minoranze linguistiche.




Nessun contraccolpo, insomma, sulla legge nazionale del 1999 che disciplina l’intera materia. Nessuna ripercussione su quella regionale
del ’97. Timori maggiori, invece, sul mancato bilanciamento fra italiano e lingue minoritarie. Come sul fatto che, mentre ci si attiva per dare valenza costituzionale
a una disposizione già contemplata in via ordinaria, l’italiano è sempre più lingua di serie B in Europa. Per capire meglio, un passo indietro. Tutto inizia mercoledì
sera a Montecitorio, quando i deputati approvano il nuovo testo: 361 sì, 75 no e 28 astensioni.

Di fatto, un’integrazione dell’articolo 12 della Carta. Così articolato: «L’italiano è la lingua ufficiale della Repubblica nel rispetto delle garanzie previste
dalla Costituzione e dalle leggi costituzionali». In aula si scatena la bagarre. I parlamentari sardi si dividono. Votano contro l’indicazione dei loro
partiti i diessini Emanuele Sanna e Amalia Schirru, Giorgio Oppi dell’Udc, Giuseppe Cossiga di Forza Italia. Luigi Cogodi, come tutti gli esponenti del
Prc, dice no. Si astengono Mauro Pili (Fi) e Federico Palomba (Italia dei valori). Assenti a parte (Giovanni Marras, Elias Vacca, Paolo Fadda), gli altri deputati
dell’isola si schierano sulle posizioni delle rispettive forze politiche. 

Sulla scia della protesta leghista comincia poi uno sventolio incrociato e simbolico: da una parte An fa mulinare le bandiere italiane, dall’altra
il Caroccio brandisce gli stendardi del Nord. Ieri la seconda valanga di reazioni. Dà fuoco alle polveri per primo il leader del Partito sardo d’Azione Efisio Trincas.
Secondo il segretario nazionale è «una legge libercida» che cancella «la dignità, l’identità e la cultura del nostro popolo ». Una proposta, ricorda
Trincas, che ha visto in aula l’opposizione solo della Lega e del Prc. «Le varie conquiste che la nazione sarda ha ottenuto in tanti anni — sottolinea —
vengono spazzate via da chi mortifica le minoranze linguistiche mostrando profondo disprezzo nei riguardi delle variegate e molteplici differenze
culturali che hanno da sempre arricchito lo Stato italiano». 

E il consigliere regionale sardista Giuseppe Atzeri rincara la dose: «Il governo amico, con la collusione dei partiti maggiodi Pier Giorgio Pinna

SASSARI. Italiano sola lingua ufficiale della Repubblica: il giorno dopo l’approvazione alla Camera, la proposta di legge costituzionale
continua a far discutere. C’è chi, come il segretario natzionale del Psd’Az, propone una «giornata di lutto» nell’isola. C’è chi,
nella stessa area attenta alle identità delle minoranze, è meno allarmato e sostiene che non c’è di che preoccuparsi.
ri dell’opposizione, ha colpito ancora. Questa modifica rappresenta l’ennesimo attentato al pluralismo e allo spirito federalista.
La cultura colonialista e statalista è fuori dalla Storia perché difende un nazionalismo decrepito». 

Peppe Corongiu è incaricato da Renato Soru di seguire esperienze concrete per la limba. «Le garanzie costituzionali per le minoranze
sono salve, nella realtà giuridica effettiva non cambierà nulla — è il suo commento — Invece, sul piano politico, il plurilinguismo risulta indebolito.
È sorprendente: il nostro Stato non ha ancora ratificato la Carta europea del ’92 sulla tutela delle minoranze e nel frattempo si preoccupa di
dare livello costituzionale a un italiano lingua ufficiale che nessuno ha mai messo in discussione ». In Italia, naturalmente, il discorso non interessa
soltanto sardi e catalani algheresi o liguri carlofortini. Riguarda friulani, occitani, sloveni, ladini, altoatesini, valdostani, albanesi e croati delle storiche
enclave meridionali.


Giuseppe Cossiga spiega così il suo dissenso, in questo caso, dalla linea ufficiale di Fi: «Una proposta inutile: sotto la bandiera italiana molti sardi
sono morti sugli altipiani veneti durante la prima guerra mondiale, e non sempre parlavano l’idioma nazionale». E prosegue: «Qui si pone la lingua
come simbolo unificante in maniera troppo centralistica. Ecco perché ho votato contro e mi sono riconosciuto nell’intervento in aula fatto da
Emanuele Sanna». 

Difende invece il suo voto a favore Antonio Satta , che si è uniformato alle posizioni dell’Udeur, di cui è vicesegretario nazionale: «La Lega strumentalizza. Per la
limba non ci sarà alcun boomerang. Queste polemiche sviliscono il ruolo delle identità. Rivendico di essermi reso protagonista dell’unico vero atto politico
a tutela concreta delle nostre minoranze: nella commissione di vigilanza Rai sono riuscito a ottenere disposizioni appropriate per garantire le trasmissioni
in sardo. Che, così come altre lingue, non va confuso né deprezzato al rango dei dialetti settentrionali. Oppure qualcuno mi sa dire qual è l’idioma
padano?».

Spiega il docente di diritto internazionale dell’universita di Sassari Paolo Fois : «La formulazione scelta per l’inserimento costituzionale è in parte simile
a quella della legge del ’99. Ma in quest’ultima normativa appariva più equilibrata per via del collegamento immediato, che nella nuova proposta
manca, con le disposizioni tese a valorizzare lingue e culture minoritarie. Questa mancanza di bilanciamento è grave. Nel frattempo, in un
quadro nel quale noi non siamo capaci di salvaguardare l’italiano nel nostro continente, l’Europa ha un quadro legislativo nel quale si parla di “unità
nella diversità” del quale nel nostro Paese non si tiene conto a sufficienza. La mia tesi, insomma, è chiara: il nuovo inserimento va bene, ma dovrebbe
essere previsto, magari in Senato, un richiamo contestuale e forte alla valorizzazione delle lingue minoritarie. Altrimenti, non c’è il necessario equilibrio
giuridico». 

E mentre la querelle continua, a riprova di un Paese dalle molteplici anime, la giunta pugliese guidata da Nichi Vendola (Prc) approva una delibera in inglese suscitando
l’ira di Forza Italia. 

«I parlamentari sardi che hanno votato contro l’isola dovrebbero dimettersi», incalza nel frattempo Paolo Pisu , consigliere regionale di Rifondazione comunista. Pisu è segretario
nella commissione autonomia ed editore del bimestrale Liberatzione sarda, incentrato proprio su questi temi. «Questa decisione rappresenta un gravissimo atto politico nei
confronti degli interessi generali del nostro popolo — continua — Denota il solito atteggiamento centralistico e costituisce l’effetto dell’ottusità e dell’ignoranza
di chi, partendo dall’unitarietà dello Stato, concepisce un’unica nazione e un’unica lingua».

Fortemente critico anche il suo compagno di partito Luigi Cogodi . L’altro ieri il deputato del Prc, così come tutto il suo gruppo (unico nell’Ulivo) si è opposto all’integrazione costituzionale.
«La questione vera non sta nella dignità della lingua italiana, cosa ovvia per la generalità dei cittadini e la cui”ufficialità” risulta da tempo sancita nelle leggi dello Stato
— dichiara ora il parlamentare — La nostra contrarietà riguarda il sottofondo regressivo, un certo prurito nazionalistico, il piglio autoritario e accentratore
che ha accompagnato la proposta. Il suo esito, non a caso, è stato salutato dal tripudio delle bandiere sventolate in aula dalla destra e soprattutto
da An». «Perciò — è la conclusione — non è la dignità della limba che ha da temere qualcosa. Semmai un problema in più si pone per la piena
affermazione della della civile convivenza e della società plurietnica. La lingua sarda non corre, ovviamente, alcun pericolo. Lo corre il riconoscimento
del diritto di cittadinanza di tanti immigrati regolari che da molti anni vivono e producono anche in Sardegna».


Piergiorgo Pinna 


  




 

 
 
 

 

 
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