Il Nuovo Friuli - 22.03.2007
IL CASO
FRIULANO, LA RIVOLTA DEI POSAPIANO
La proposta dell’Arlef di rendere obbligatorio l’insegnamento del friulano nelle scuole scatena un acceso dibattito e incassa il no della Filologica..
Friulano obbligatorio e lingua veicolare per l’insegnamento di altre materie nelle scuole: la proposta arriva dall’Arlef (Agenzia regionale per la lingua friulana), e in particolare dal disegno di legge sull’insegnamento del friulano nelle scuole, giunto negli scorsi giorni in consiglio regionale. Un disegno di legge che proprio sul tema dell’obbligatorietà ha aperto un’accesa discussione con fronti trasversali fra i partiti. Da un lato chi lo vuole opzionale e dunque solo su richiesta delle famiglie, dall’altro chi è a favore se visto all’interno di un’ottica di plurilinguismo nell’insegnamento.
Se Alleanza nazionale, con i consiglieri Paolo Ciani e Luca Ciriani, sottolinea il suo no perentorio a tale scelta, e presenta in consiglio un contropiano rispetto alla legge dell’Arlef in cui si chiede di rendere obbligatorio e in numero superiore l’insegnamento delle lingue straniere, non si discosta di molto la posizione di Forza Italia, espressa dal consigliere Roberto Asquini: per lui la lingua principale da insegnare è l’inglese e il plurilinguismo col friulano non ha niente a che fare.
Più cauto il giudizio dell’Udc, col capogruppo Roberto Molinaro che considera la proposta “un passo in avanti”, ma rimane perplesso sul tema dell’opzionalità.
Su posizioni diametralmente opposte all’interno della Cdl è invece la Lega Nord: «Siamo pienamente d’accordo con il progetto dell’Arlef - dice Alessandra Guerra -. Noi avevamo proposto un’ora, ma così va ancora meglio». Una posizione ovviamente sostenuta anche dal presidente della Provincia di Udine Marzio Strassoldo, che nella proposta dell’Arlef vede la perfetta applicazione della legge nazionale 482 e dell’articolo 6 della Costituzione.
Quanto ai partiti del centro sinistra si registra l’apertura della Margherita, favorevole al plurilinguismo, ma anche i dubbi dei Ds: per Mauro Travanut, va bene insegnare altre materie in friulano, ma l’obbligatorietà sarebbe “azzardata”. I Ds di dicono comunque pronti a parlarne con le parti interessate. Non così invece i Cittadini per il Presidente: per loro, la mancanza di opzionalità non sarebbe funzionale alla crescita del friulano. A favore invece Bruna Zorzini del Pdci.
Ma ad assestare il colpo più duro alla proposta dell’Arlef non è la politica ma la Societât Filologjiche Furlane, che ha bocciato a chiare lettere l’ipotesi dell’obbligatorietà: «Riteniamo – ha detto il presidente Lorenzo Pelizzo – che ci debba essere da una parte l’obbligo dell’ente pubblico a proporre l’insegnamento in friulano per tutte le ore disponibili e dall’altra la facoltà dei genitori di pretendere e scegliere questo tipo di insegnamento. Bisogna tenere conto di tutti, anche di chi non è friulano, cercando di non imporre le cose».
Dalle scuole, invece i dubbi riguardano soprattutto la formazione degli insegnanti che dovranno offrire questo tipo di insegnamento, senza contare che molti di essi provengono dal meridione.
Dal canto suo l’assessore competente, Roberto Antonaz, ha assunto una posizione cauta e interlocutoria: «Seguiremo il lavoro della Commissione obiettivi didattici dell’Arlef - ha detto -, evitando in un primo momento di soffermarci sulla questione dell’obbligatorietà. La legge quadro 482 dice cose precise alle quali noi ci atterremo. Dopo aver definito queste linee guida sentiremo sicuramente le associazioni che operano nel contesto della lingua friulana».
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