La proposta di modifica all'articolo 12 della costituzione che sancisce l'ufficialità dell'Italiano come lingua dello stato, getta la seppur raggrinzita maschera sulla realtà di stampo neo coloniale che la Sardegna vive; realtà convissuta con quelle che per diritto naturale sono di fatto, volenti o nolenti, le nazioni (le dimensioni non contano per essere una nazione) interne allo stato italiano.
La singolarità del fatto nasce innanzitutto da questioni interne alla vita amministrativa italiana in cui di fatto non si è mai messa in discussione l'ufficialità dell'italiano, per cui non si comprende l'utilità e il senso di questa modifica costituzionale, salvo leggere tra le righe la subdola volontà di voler ufficialmente escludere le lingue minoritarie dalla carta costituzionale, nata dalla pluralità della resistenza antifascista, evidentemente dimenticata da alcuni suoi influenti depositari.
La dimensione della gravità non sta tanto nell'ambito giuridico e amministrativo (ambito lacunoso e insufficiente che si avvale della legge 482/99 per la tutela delle minoranze etnico linguistiche), in cui effettivamente cambia poco o nulla, ma è da ricercare nell'ambito prettamente politico, di per se ancora più grave e inaccettabile per l'arroganza che tale modifica fa trasparire e nell'ignoranza e il provincialismo di fondo che le fa da substrato.
Ancor più grave è il coinvolgimento di diversi deputati sardi in questa regressione politico-culturale, in cui tutti, trasversalmente uniti da scarso buon senso e pochezza di argomentazioni, hanno condiviso la proposta di modifica costituzionale presentata dall'On. Napoli di AN, ovvero legittima erede di quella cultura fascista, centralista e autoritarista in evidente espansione, che vede l'imposizione di una sola cultura e lingua rispetto alle altre; un processo semplice quanto assurdo che vede due popoli in parallelo, in cui uno, per contingenze storiche irripetibili, affinchè possa dominare l'altro gli impedisce di proseguire a utilizzare la lingua parlata da migliaia di anni a vantaggio della propria, di fatto relegando lingue millenarie, quali il sardo alla stregua di parlate di serie B, prive di qualsivoglia dignità istituzionale e uso giuridico amministrativo, anticamera della lenta e progressiva assimilazione a vantaggio della lingua politicamente dominante.
Per la gravità dell'atto, questi deputati dovrebbero rassegnare le loro immediate dimissioni, non degni del suffragio avuto in sede elettorale, in cui la questione nazionalitaria diviene un cavallo di battaglia evidentemente solo d'opportunità temporanea.
Lo stato italiano comprende circa 3.000.000 di Italiani cosiddetti “Per forza”, vedasi l'oltre milione e mezzo di Sardi, Catalani di Alghero, Tabarchini di Carloforte e Calasetta, accompagnati da Sud Tirolesi, Valdostani, Occitani in Piemonte e Guardia Piemontese in Calabria, Francofoni della Provincia di Foggia, Friulani, Padani, Albanesi, Greci e Croati, giusto per citare alcune minoranze interne ad esso.
Tre milioni di persone private della loro dignità istituzionale in ambito linguistico, al cospetto di una sola lingua, una condizione che relega lo stato italiano a fanalino di coda assieme allo stato Francese in Europa.
Infatti la maggior parte degli stati Europei, Spagna in testa, hanno da decenni provveduto a inserire nelle loro costituzioni la coufficialità delle lingue minoritarie.
Riteniamo pertanto che la politica sarda debba recuperare i propri spazi nel binario del diritto all'autodeterminazione, unica strada che renderà possibile una reale emancipazione delle nostre peculiarità di popolo, del quale la lingua ne è la prova tangibile e specchio della nostra storia, ma ancor più, del presente e del futuro; un binario che permetterà alla Sardegna di aprirsi realmente al mondo senza imbuti o colli di bottiglia di sorta.
primo passo in ambito linguistico e non solo, aumentare considerevolmente i fondi della legge 26/97 e quelli a favore degli ULS “Ufitzios de sa Limba Sarda” che anziché esser ridimensionati, dovrebbero diffondersi nel territorio.
Se la modifica dovesse passare al senato, Sardigna Natzione Indipendentzia richiederà a tutti i consigli comunali, provinciali, montani e giunta regionale, un formale atto di condanna in sede di consiglio e una “mozione di sfiducia” simbolica nei confronti dei deputati e senatori sardi corresponsabili.
Silvano Camedda
Consigliere Nazionale di Sardigna Natzione Indipendentzia
Assessore alla Cultura e alle Politiche Giovanili del Comune di Orosei
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