Essendo io un militante attivo del partito della Lingua Sarda e
de “su moimentu” che in tutti questi anni si è costruito intorno al
problema, annoso e complesso, leggo ogni tanto gli interventi che
qua e la appaiono nei giornali e nei dibattiti telematici. Non
nascondo la mia sorpresa quando leggo interventi come quello della
signora Anna Oppo, che si professa scienziata, Weberiana, e
quant’altro.
E questo niente sarebbe se non fosse che la signora in questione
risulta che abbia svolto una ricerca sociolinguistica a nome e per
conto della R.A.S. pagata profumatamente con danari pubblici andati,
a quanto pare, ai collaboratori della signora professoressa. La signora si abbandona a
giudizi nei confronti di assessori e presidenti come se parlasse
della sua vicina di casa. L’assessore Mongiu le appare “simpatica”
il presidente Soru che ha osato chiederle maggiore chiarezza sui
dati da lei reperiti ed esposti in un pubblico convegno a
Paulilatino le fa “paura”. Povero Soru. Dopo tutto ciò che gli hanno
detto ora apprendiamo che fa paura alle signore. E che mai sarà
quest’uomo! Bolognesi che è professore a contratto in prestigiose
Università europee viene declassato al rango di dottore.
Da sociologa, come lei si definisce, la signora Oppo si professa
Weberiana ingenua, o ingenuamente Weberiana. Le sfugge però che
l’ingenuità Weberiana è una categoria scientifica finalizzata a
spacciare per oggettivi o, come altri scienziati ingenui, se non
sprovveduti dicono, neutri, dati che non sono né ingenui né neutri,
ne tantomeno oggettivi. L’oggettività è come la “sostanza”
metafisica. Un principio. Niente di più. A meno che qualche
positivista tardivo non ci voglia ancora fracassare le… con
l’assurda voglia di dimostrarci che i dati parlano da soli.
Basterebbe che la signora Oppo si leggesse tutto ciò che in questi
venti trent’anni è stato scritto e detto sulla relatività e sulla
intenzionalità della ricerca scientifica sia nell’ambito delle
scienze cosiddette “esatte” sia nell’ambito delle cosiddette scienze
“umane”, per capire che la sua ingenuità Weberiana altro non è che
una sciocchezza o uno di quei luoghi comuni che si possono esporre
in qualche circolo ricreativo di periferia o sotto il casco del
parrucchiere.
Parla di dialetti. Basterebbe essere un orecchiante di linguistica
per capire che “dialetti” nell’accezione della signora Oppo non
significa nulla. Si tratta di un sintagma per definire politicamente
ciò che non sono lingue. Ma se il sardo, secondo quanto lei
sostiene, non è una lingua non si capisce come possano esserci i
suoi dialetti. I dialetti, infatti, nell’accezione politica hanno
come riferimento una lingua. In un’accezione etimologica “dialetto”
e “lingua” si equivalgono. La signora Oppo ci dovrà dire, se vorrà,
in quale accezione usa il termine “dialetti” piuttosto che lingua.
A proposito di intercomunicabilità dei “dialetti”, altro tema
trattato dalla signora Oppo, devo dire, in maniera abbastanza
approssimativa, posso dimostrare, in un rapporto uno a uno, che
qualunque sardofono che usi un qualunque idioletto o topoletto è in
grado di comprendere, se vuole, qualunque altro idioletto o
topoletto. Per non dire poi che qualunque lingua in un’accezione
costruttivistica è un’invenzione artificiale. Anche le lingue più
individuali e creative come le lingue poetiche, sono sottoposte ad
un processo di codificazione e dunque di artefazione.
Perché mai, dunque, provare stupore, se non terrore, dinanzi
all’esigenza della regione, Soru o non Soru, Mongiu o non Mongiu, di
adottare una proposta di standard linguistico ad uso della pubblica
amministrazione?. L’unica responsabilità del Presidente Soru è
quella di essersi circondato di consulenti se non incapaci, almeno
sleali, che prima hanno mangiato dal piatto offerto loro e poi vi
hanno sputato dentro.
Michele Pinna.
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