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CHISTIONES

10/07/2007 
I nemici del sardo si trincerano dietro la tutela del plurilinguismo per conservare lo status quo
[de Roberto Bolognesi]

Limba comuna, un progetto valido

Bolognesi: «I nemici del sardo si trincerano dietro la
tutela del plurilinguismo per conservare lo status quo»
di Roberto Bolognesi *

L’articolo “A chi serve davvero un mostro alla Frankenstein?”, pubblicato di recente dalla Nuova Sardegna, è il frutto della non lettura della mia relazione
“La limba sarda comuna e le varietà tradizionali del sardo”. E la mia relazione si trova nello stesso sito web della Regione in cui è pubblicata
l’altra relazione, “Le lingue dei sardi”, citata da Eugenia Tognotti, autrice dell’articolo.

E allora, dopo averlo detto a Paulilatino il 5 maggio, dopo la pubblicazione della mia relazione on line e in versione cartacea, ripeto: è
vero che la LSC (Limba sarda comuna) non coincide esattamente con nessuna varietà tradizionale del sardo, ma chi ha mai decretato
che la coincidenza debba essere del 100 per cento?

Si pensi al rapporto tra italiano e toscano. Stando alle mie misurazioni, la LSC coincide per il 90,03% con il sardo di Abbasanta. Questo
dato vale nel caso in cui si prendano in considerazione anche le differenze lessicali tra le due varietà. Queste si possono però escludere dal confronto, dato che la LSC lascia
libera la scelta delle parole. La coincidenza fonetica arriva in questo caso al 92,68%. Allora Eugenia Tognotti ha sí ragione, ma soltanto
per il 7,32%, o per il 9,97% se si tiene conto anche del lessico.

Per il resto ha torto: la LSC corrisponde per il 92,68% a quello che vuole la maggioranza dei sardi, una varietà
tradizionale del sardo. Quindi, volendo restare nella metafora scelta da Eugenia Tognotti, forse qui si può parlare di “chirurgia estetica”
più che di mostro.E’ è utile ricordare che l’italiano è stato standardizzato dal Bembo nel 1527, sulla base delle sue preferenze per Petrarca (Bembo trovava
Dante troppo “alto” e Boccaccio troppo “basso”) ed era una lingua cosí lontana dalla realtà che Manzoni è dovuto andare a “sciacquare
i panni in Arno” — cioè ad imparare un po’ di toscano— per dare un minimo di credibilità
linguistica al suo “I promessi sposi”. 

Ricordo anche che la lingua di Dante era un fiorentino arricchito da contributi provenienti da tutta l’area linguistica romanza. Una parte delle accuse mosse da Eugenia 
Tognotti sono identiche a quelle che, altrove, Giulio Angioni ha sparato a lupara alla LSC: «“Sa limba comuna” e unica è un’ assurda violenza
contro i sardi». Tognotti: «Molte le considerazioni che si potrebbero fare sull’ukase linguistico e su questa lingua inventata che — secondo la bizzarra affermazione
degli unificatori — ci dovrebbe aprire la strada in Europa. Intanto, si muove nella direzione opposta a quella della legge regionale
26 del 1997, che proclamava la pari dignità di tutte le varietà linguistiche della Sardegna in qualunque ambito d’uso.

Varietà considerate una ricchezza da salvaguardare, di cui si temeva e denunciava la possibile perdita, come esito della politica linguistica
tradizionalmente italianocentrica dello Stato unitario». Ma la LSC è ancora quella definita nelle “Norme linguistiche
di riferimento a carattere sperimentale per la lingua scritta dell’amministrazione regionale”: «Fermo restando che intende valorizzare, valorizza
e sostiene tutte le varietà linguistiche parlate e scritte in uso nel territorio regionale, la Regione ha ravvisato la necessità, dopo discussioni
e confronti sulla lingua sarda durati molti anni, di sperimentare l’uso del sardo per la pubblicazione di atti e documenti dell’amministrazione
regionale. L’oralità nel contatto con gli uffici è fatta salva in ogni varietà della lingua ».

Io faccio parte della commissione tecnica regionale per la lingua di cui fa ancora parte anche Angioni, e non mi risulta che la LSC stia
per essere imposta agli altri enti locali o alle scuole o alle case editrici o, meno che mai, ai singoli parlanti sardi. Inoltre,
a Paulilatino il 5 maggio scorso Renato Soru ha detto chiaro e tondo che la LSC è una lingua esclusivamente scritta.

Con chi ce l’hanno allora i critici?

È chiaro che, dopo la ricerca sociolinguistica coordinata da Anna Oppo, adesso tutti sappiamo che i sardi vogliono che il sardo continui a vivere
e che riceva un ruolo ufficiale nella vita pubblica dei sardi. E allora, quelli che erano convinti che la morte del sardo sarebbe stata il risultato
naturale del “progresso” cercano di opporsi alla sua riscossa contrabbandando la difesa dello status quo come difesa della pluralità linguistica.
Trovo molto fastidiose le accuse di “imperialismo linguistico” mosse a chi sostiene la LSC. Dato che questa accusa mi offende personalmente, preciso allora che
sto parlando a titolo esclusivamente personale.

Queste sono le mie posizioni e non quelle della commissione o di qualcun altro. Io sono a favore dell’estensione dell’uso della LSC nella
scuola e perfino nella letteratura. Ma voglio anche la fine della diversità linguistica in Sardegna? Esattamente dieci anni fa, si svolgeva
a Quartu il secondo incontro del “Grupu po sa lingua sarda”. Siamo riusciti allora a portare in Sardegna una buona parte dei linguisti
che in Europa lavoravano sul sardo. In quell’occasione ho presentato per la prima volta in Sardegna la mia proposta di unificazione
della grafia del sardo. L’idea era semplice: sviluppare un’ortografia unitaria che permettesse diverse pronunce, mantenendo quindi
inalterata la situazione del parlato. Il principio che ispirava la mia proposta era appunto quello del diritto di ciascun essere umano di
parlare la propria varietà linguistica. 

Questo è uno dei diritti civili fondamentali e su questo terreno non accetto lezioni da nessuno. Ma prima di tutto bisogna rispondere alla
domanda fondamentale: perché estendere l’uso della LSC alla scuola? Perché abbatterebbe i costi del materiale didattico. Tutto lí! Basterebbe
unire al materiale didattico prodotto unitariamente un manualetto in cui al docente di sardo si spiega il rapporto tra le convenzioni
grafiche della LSC — ricordiamo: lingua unicamente scritta! — e il dialetto locale. Il sardo insegnato sarebbe la varietà locale e i
bambini dovrebbero imparare a scriverla seguendo le convenzioni grafiche unitarie. Dove è l’imperialismo linguistico? 

Gli scrittori: perché dovrebbero usare la LSC?Per nessun motivo particolare — ognuno deve poter scrivere come più gli garba —
se non, forse, il volersi esprimere in una forma di sardo che superi il localismo del suo dialetto. Di nuovo: dov’è l’imperialismo linguistico?
Le convenzioni ortografiche sono, appunto, convenzioni. Se le si accetta funzionano. Se le si rifiuta, non funzionano. Non c’è niente
di naturale nel rapporto tra fonemi e grafemi. Come si può vedere, la difesa del plurilinguismo — e del sardo meridionale — non è monopolio
dei nemici della LSC. C’è qualcuno che ha voglia di discutere su questi temi?

Roberto Bolognesi 
Docente Università di Amsterdam


Dae La nuova sardegna del 4 luglio 2007 













  




 

 
 
 

 

 
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