Leggo
con interesse l'intervento di Bolognesi su Diariu. Per quanto spesso
abbia avuto modo di apprezzare e di condividere le sue
considerazioni di linguista che stimo e che rispetto, meno sento di
condividere le sue considerazioni con pretese politologiche. La sua
distinzione tra politica e "politichedda" è un suo pregiudizio
mentale. Su cosa abbia fallito o non abbia fallito Soru è stato
decretato dalle urne e in democrazia, giusta o sbagliata che essa
sia, i numeri, ahimè!, contano.
Soru che, secondo me, è stato e resta un grande imprenditore, ha
voluto applicare, senza mediazioni, forse, i metodi dell'impresa
alla politica. Ciò non ha funzionato, evidentemente.
Potrei anche aggiungere "peccato!", ma le mie considerazioni
personali, credo, che poco importino. Condivido quello che ha detto
il commissario del PD Passoni: il centrosinistra deve riflettere su
se stesso, sulla sua classe dirigente e sui cambiamenti avvenuti
anche nella società sarda. Il veterosardismo di Soru, dico io, non è
bastato a interpretare e a rappresentare i veri bisogni dei Sardi,
le loro aspettative e neanche a costruire nuovi orizzonti per il
sardismo: tutto da rifare dunque!
In tal senso è giusto, perciò, che ognuno di noi si assuma le
proprie responsabilità, compresi gli intellettuali come Bolognesi.
La questione della lingua, lo dico per lui e per molti altri
linguisti, non è solo una questione linguistica ma una questione
culturale, politica e sociale complessiva, oltre che complessa.
I luoghi simbolici del sorismo, mutuati a spezzoni da vecchie
battaglie storiche del sardismo, non sono bastati, né bastano più,
evidentemente, a interpretare e a rappresentare le nuove aspettative
dei Sardi. La giacca di velluto, l'introversione, la testardaggine,
la solitudine, il mito del buon condottiero solo contro tutti e del
paladino dei vinti non bastano evidentemente a dare fiducia
all'immaginario di un popolo che deve fare i conti con un quotidiano
concreto e non virtuale: con l'occupazione dei giovani e dei meno
giovani, con le migliaia di donne destinate ancora ad essere
forzatamente casalinghe, con i pastori e i contadini in ginocchio di
fronte ad una crisi che in Sardegna è resa ancora più grave, sia per
l'isolamento che per la politica scellerata delle banche, con
un'Università e una scuola in smobilitazione etc etc….
A cosa servono le simbologie del sardismo, di quello diffuso, di
quello ancora da diffondere e da difendere, se i Sardi non possono
avere uno statuto di sovranità nazionale, una scuola e un'Università
che parlino in sardo unitamente all'italiano e all'inglese, una
Sanità che funzioni, un'economia che produca e non assista, la
possibilità di viaggiare liberamente e a basso costo?
Sono tutte cose dette, ri-dette e stra-dette da sempre! Soru, anche
lui, ha detto, ri-detto e promesso: le idee erano buone, qualche
fatto è stato anche positivo e credo che Cappellacci, e il nuovo
ordine politico, ne dovrà tenere conto, ma, per un presidente
identitario, più identitario di tutti, il fatto è stato molto poco
rispetto al promesso. La figura di Soru in tal senso, mutatis
mutandis, credo che possa essere paragonata a quella di un altro
grande presidente identitario, a quella di Mario Melis. Anche Melis,
infatti, ha fallito proprio nel cuore pulsante del progetto
sardista: la legge sulla lingua venne portata in aula e impunemente
bocciata dalla sua stessa maggioranza di centrosinistra due giorni
prima della fine della legislatura.
Soru, la legge sulla lingua, non è riuscita nemmeno a portarla in
aula, si è limitato a varare un decreto di giunta qualche giorno
prima delle sue dimissioni. Peccato, poteva farlo prima ed
eventualmente mandare a casa in tempi non sospetti i suoi alleati
che, come egli ha detto, non lo facevano governare, se questo era….
Ora assumiamoci tutti le nostre responsabilità, quelli che hanno
vinto, quelli che hanno perso. I nemici della lingua e i nemici
della Sardegna credo che non siano solo di una parte, ce n'è
ovunque, a sinistra, a destra, al centro, nel sardismo e fuori dal
sardismo: non facciamoci illusioni. Ciò che dico è che coloro che si
professano amici della lingua, della Sardegna, dei valori del
sardismo assumano anch'essi le loro responsabilità, lascino perdere
le ideologie, i risentimenti, i pregiudizi, le simbologie vuote e si
attengano baconianamente e scrupolosamente ai fatti e alle cose
concrete.
Micheli Pinna
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