Sa pellìcula "Le Rëgn de Fanes", in limba ladina cun sos sutatìtulos in italianu, est istada proietada lunis coladu 31 de trèulas in S'Alighera in sos locales de "Obra cultural" via Arduino 44-46 a oras de sas 20.00. Mere de domo fiat Carlo Sechi, presidente de s'Obra cultural e rapresentante de sa minoria catalana in sa cunferèntzia istatale de sas minorias. Ospite nòdida est istada Susy Rottonara, autora e atora de s'òpera paris cun Roland Verra e Hans Peter Carbon. Sa manifestatzione est istada organizada cun s'agiudu e collaboratzione de su Sòtziu Limba Sarda. Diariulimba aiat retzensidu giai sa pellìcula cun un'artìculu de Maria Luisa Sòtgiu.
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Il film e la leggenda
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Questo film originale ladino è il frutto della collaborazione tra Susy Rottonara (di La Villa in Badia), Roland Verra (di Ortisei in Val Gardena) –intendente scolastico per le scuole ladine della provincia di Bolzano– e Hans Peter Karbon (di S. Cristina in Val Gardena), e nasce da una grande passione per la montagna e per la tradizione delle leggende ladine.
Il soggetto del film è imperniato su uno dei materiali leggendari piú ricchi e complessi della tradizione ladina dolomitica, cioè quello che riguarda il mitico regno di Fanes.
Al giorno d'oggi il nome Fanes si riferisce ad uno splendido altipiano incorniciato da imponenti montagne tra Val Badia e Ampezzo, ed è senza dubbio una delle mete turistiche più ambite. Nel materiale leggendario Fanes non si limita a definire tale zona, ma si estende ad un territorio più ampio dai confini non chiaramente definiti, data la sua continua espansione grazie alle conquiste della sua popolazione chiamata anch'essa Fanes .
Alla base del film c'è un'elaborazione del materiale leggendario badiotto-ampezzano, che riguarda le vicende legate direttamente al regno di Fanes anche da un punto di vista geografico.
Il film trae spunto dalla versione classica della leggenda del regno di Fanes, esposta nei testi di Karl Felix Wolff, in una rielaborazione dal carattere piuttosto simbolico-mistico unito a dei tratti piú realistici atti a soddisfare delle esigenze drammaturgiche.
Il punto fondamentale che caratterizza l'indagine critica di questa interessantissima leggenda consiste nella mancanza di fonti scritte dirette. Infatti tale materiale è stato trasmesso oralmente per secoli essendo presumibilmente soggetto ad influssi culturali molteplici. I testi di Wolff sono basati sulla raccolta di testimonianze orali nelle valli ladine dolomitiche ed evidenziano la presenza di molteplici strati culturali –in primo luogo l'influsso della lirica cortese– intersecatisi nel corso di secoli di trasmissione orale. Ciò rende difficili e complessi gli studi a riguardo e non permette un'indagine filologica diretta data la mancanza di fonti scritte primarie. Di conseguenza l'approccio a questa leggenda non può prescindere dalla presa in considerazione delle diverse ipotesi espresse a riguardo da vari studiosi, nella consapevolezza di trattare un materiale leggendario e non storico.
Il nucleo narrativo fondamentale rappresentato nel film ruota attorno al tema della smania di potere del re di Fanes che conduce alla rovina del suo regno e di una serie di rapporti umani, nonché alla morte della figlia, la principessa-guerriera Dolasila.
I personaggi sono in parte realistici –il re e la regina di Fanes, Dolasila e Lujanta, Ey de Net, il principe dei Cajutés e varie comparse– e in parte soprannaturali –lo stregone Spina de Mul, la maga Tsicuta, le Mjanines (una sorta di ninfe), i Salvans (gente selvaggia), i nani e l'aquila fiammeggiante.
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