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13/10/2005 Seberos de Imprenta - Il sassarese n° 475, 15 settembre 2005

Indipendenza è libertà. Gli indipendentisti sardi alle Ghjurnate internatziunale in Corsica

Dall'inviato Fabritziu Dettori-Corti (Corsica)


Come ogni agosto, anche quest’anno si sono svolte a Corti in Corsica, nei giorni cinque, sei e sette, “Le ghjurnate internazionale” organizzate da Corsica Nazione Indipendente. 

Abbiamo seguito la folta schiera indipendentista sarda per conoscere meglio questa che ormai è una realtà politica, per la quale non si può non tenerne conto, e per capirne le motivazioni che in Sardegna la stanno rafforzando. Un’evento, quello di Corti, che già da ventiquattro anni si rinnova, il quale promuove un confronto politico, ma anche culturale, rappresentato dalle organizzazioni indipendentiste delle maggiori nazioni senza stato d’Europa, riconosciute dal movimento nazionalista corso. 

Al meeting hanno partecipato delegazioni provenienti dalle nazioni Catalana, Euskadi (Paese Basco), scozzese, sarda e altri gruppi, le quali si sono scambiate, in una serie di dibattiti, le proprie esperienze di lotta di liberazione nazionale, portando ognuna a conoscenza delle altre le varie strategie poste sul proprio campo di battaglia. 

A guidare ufficialmente le delegazioni sarde: Franciscu Sedda, che ha sostituito Gavino Sale degente all’ospedale di Sassari, per I.R.S. (indipendentzia repubblica de Sardigna) e Bustianu Cumpostu per S.N.I. (Sardigna Natzione Indipendentzia), la quale da quasi vent’anni (inizialmente come Partidu Indipendentista) prende parte a questa iniziativa internazionale. 

Nella stessa assemblea Bustianu Cumpostu, sostenuto dal Movimentu Patrioticu Sardu, unitosi di recente alla sua organizzazione, e dalla Cunsurta Comunista Sarda, ha portato a conoscenza la “questione sarda” e le iniziative di S.N.I ai rappresentanti delle nazioni presenti e ad una folta assemblea dei loro militanti nazionalisti.

Riportiamo uno stralcio del suo discorso: “In Sardegna è in corso un modello di colonialismo moderno applicato dallo Stato Italiano, il quale si serve di una classe politica locale, funzionale al colonialismo, che è riuscita a costruire un modello socio-economico perfettamente organico alla dipendenza del nostro popolo. Dipendenza iniziata con la industrializzazione selvaggia: la parte moderna della dominazione. 

L’azione concomitante dei partiti di centro, di destra, di sinistra dei partiti italiani ha poi demolito quello che poteva essere il terreno di cultura di un eventuale nazionalismo e di un’eventuale lotta di liberazione nazionale. E hanno costruito una società funzionale e utile alle leve di potere che stavano invadendo la Sardegna e che oggi sono venuti fuori schierandosi contro il recente referendum (che chiedeva ai sardi di pronunciarsi sui rifiuti provenienti dall’esterno dell’Isola) : i partiti e sindacati italiani e la confindustria, rivelatisi lo strumento maggiore e più efficiente del mantenimento dell’occupazione italiana in Sardegna. Italianità che non è possibile sostenere, poiché questa significa chiaramente dipendenza, impoverimento e danni psicologici perché hanno fatto credere e tuttora il Popolo Sardo crede di non bastare a se e di non avere risorse per andare avanti”. Cumpostu quindi prosegue con un altro aspetto del colonialismo che si esplica attraverso le servitù militari. 

Perciò gli indipendentisti di Sardigna Natzione hanno deciso di “spezzare le leve della dipendenza” con azioni concrete, quali i referendum e proposte di leggi di iniziativa popolare, come quella già citata sulle “scorie”, sulle basi militari e sulla riduzione degli stipendi dei consiglieri “intermediari” del colonialismo. L’esponente nazionalista, descritti i metodi di lotta di liberazione nazionale della Sardegna adottati dal suo movimento, ha indicando lo Stato italiano come nemico, e non già Berlusconi o D’Alema, “perché è questa entità che impedisce alla Sardegna di esistere come Nazione”. 

Anche di Franciscu Sedda, che da prima ha esposto le sue riflessioni al nostro giornale e subito dopo alla medesima assemblea, riportiamo un estratto del suo intervento: “ I.R.S. è oggettivamente il maggiore movimento indipendentista in Sardegna”. E’ un movimento giovane con un “deputato” al consiglio provinciale di Sassari, la prima volta nella storia che un indipendentista è eletto. I.R.S. ha ottenuto una centralità politica, perché da due anni ha instaurato una lotta dura e radicale nei confronti dello Stato, però senza violenta che mette in crisi lo Stato. I.R.S cerca, dunque, di conciliare la determinazione del messaggio indipendentista con una nuova forma di lotta che noi mettiamo sotto l’etichetta di “guerriglia virtuale”, forme cioè al limite della legalità, ma pacifiche, che siano quindi degli immediati imput alla coscienza dei sardi.

“Questo l’abbiamo sperimentato in diverse occasioni: a Porto Torres, in cui I.R.S. ha portato alla luce la questione della discarica di Minciaredda della Enichem-Sindyal; nell’occupazione della rampa di lancio “Alfa” più grande d’Europa della base missilistica di Quirra. Questa operazione ha comportato: prima la denuncia di tre militanti, dirigenti di I.R.S., e poi ha visto la reazione fortissima da parte dei sardi che in 800 si sono autodenunciati per sostenerci. Un segno chiaro di un appoggio popolare crescente. L’azione a Villa Certosa nei confronti di Silvio Berlusconi per riaffermare, prima di tutto, la sovranità dei sardi e per conquistare la visibilità internazionale sulla questione sarda, sulla questione indipendentista, il problema dell’autodeterminazione dei sardi, della volontà di avere una repubblica loro, dunque anche di costituirsi in nazione. Con queste lotte c’è stata la messa in scacco dello Stato, che così come davanti alle autodenuncie lo stesso aveva patteggiato, liquidandoci con una multa irrisoria di cento euro, aveva dunque ammesso la sua sconfitta, così come per Porto Torres, quando ammetteva alla commissione sulle eco mafie che effettivamente la Sindyal aveva sporcato e che questa, dunque, doveva porvi riparo. Lo Stato dunque accusava se stesso delle sue malefatte”.

Quella di Corti è stata l’occasione anche per le sezioni giovanili dei due movimenti rappresentati da Franciscu Pala per I.R.S., e Daniele Sanna per S.N.I. che insieme alle altre delegazioni internazionali si sono confrontati nel dibattito aperto dalla Ghjunventù indipendentista corsa, nel corso del quale, com’è avvenuto per i “grandi”, è stato intenso l’interscambio culturale e politico. 

All’incontro ha partecipato anche il giovane Dottor Nicola Dessì del COMI.SAR (comitau sardu contras is scadras nucrearis), che ha chiesto a nome della sua associazione “la solidarietà della Nazione Corsa, delle forze politiche indipendentiste e delle associazioni corse” per allontanare definitivamente l’idea dello Stato italiano di ubicare in Sardegna le scorie nucleari, le quali costituirebbero, “vista l’estrema vicinanza” dell’isola gemella, un serio pericolo anche per il popolo corso. Insomma una proposta che potrebbe trovare terreno fertile in Corsica, visto che già varie organizzazioni sono mobilitate contro la base nucleare di La Maddalena-Santo Stefano.

Una collaborazione fra colonie che negli anni novanta si ebbe tra le forze nazionaliste corse e Sardigna Natzione (allora Partidu Indipendentista) in primis che lottarono, vincendo, contro il passaggio delle petroliere nello stretto di Bonifacio. 

In questi tre giorni carichi di lavoro gli indipendentisti sardi e di mezza Europa hanno raccolto la volontà reciproca e univoca di proseguire la lotta per la sovranità dei propri popoli, in un rafforzamento dei legami sempre più coalizzanti tra le varie nazioni senza Stato. Infatti, il prossimo trenta di settembre, si terrà a Barcellona la Conferenza della CO.N.S.EU. (confederazione nazioni senza Stato d’Europa) alla quale parteciperà S.N.I., mentre nella medesima città, ma a novembre, sarà la volta di I.R.S. che interverrà alla “Conferenza dei popoli del Mediterraneo”. 

Una realtà insomma che l’Europa deve tener conto, se non vuole che le tensioni al suo interno si esasperino, e ragionare sullo svantaggio che si avrebbe per la crescita dell’ “europeismo”. L’esempio classico della questione indipendentista europea ci viene misurando proprio la collisione politica fra la Corsica e la Francia. Consideriamo che il popolo corso, piccolo numericamente, ma grande nella sua statura civile, perché il nazionalismo, che in Corsica è palpabile e vissuto in una dimensione esistenziale in un vincolo di vero e proprio sentimento per la loro “Cursichella”, è una strenua lotta quotidiana per l’indipendenza e la libertà che in questa Terra vuole dire civiltà. 

La “Grande Francia” però contrappone al nazionalismo romantico corso, quello che gli esperti classificano come “buono”, il suo nazionalismo sciovinista, quello “cattivo”, quello imperialista che è la negazione della libertà. A Corti non una bandiera francese si è vista sventolare, ma soltanto quella della Corsica, quella del Moro, la quale accompagna spessissimo quella del Guerrigliero Patriota (acquistabile, come altri prodotti di “u clandestinu”, nella normalità e in armonia con l’ambiente, in tutti i negozi di souvenir), ossia quello che “u francese” chiama terrorista. In Corsica il nazionalismo è da secoli patrimonio innanzitutto famigliare e come tale è trasmesso dai genitori ai propri figli. 

Abbiamo osservato questa virtù dei corsi in vari ambiti, ma quella più lampante è forse stata quando la sera del sette al concerto dei famosi gruppi musicali di “I Campagnoli” e di “L’Arcusgi”, i quali, praticamente come tutte le altre formazioni eseguono canzoni patriottiche, sono stati il richiamo non solo dei militanti, ma di intere famiglie che con passione cantavano, insieme agli esecutori, motivi antifrancesi e di Resistenza. Una partecipazione che, di volta in volta, si faceva sentire con slogan del tipo: “Contru u francese”, seguito dalla spontanea e corale estensione, “assasinu”, e il “Pemperem! Pemperem!”, onomatopeismo del crepitio d’arma da fuoco, la quale puntualmente arrivava.

A questi momenti a fatto seguito un silenzio religioso: tutti in piedi e con la mano destra nel cuore ad ascoltare il “Diu ti salve Regina”, l’inno nazionale della Corsica. Il popolo corso, che non ha podestà legislativa, comanda comunque in casa propria. Un militante nazionalista corso ci porta in una località minacciata dalla speculazione edilizia e ci racconta che, grazie agli indipendentisti legali e ai vari fronti clandestini, un vero è proprio esercito volontario ben equipaggiato, stimato complessivamente sui 4-5000 uomini, lì non è stata tirata neanche una pietra. Il nostro amico conclude dicendo che: se solo la Francia applicasse in Corsica i suoi stessi principi storici di liberté, égalité e fraternité, non esisterebbero in “Cursichella” ostilità antifrancesi, ma regnerebbe la pace. “Parola di corsu”.

Fabritziu Dettori

La citta’.
Corti, l’antica capitale della Corsica indipendente, è da sempre considerata dal popolo corso, l’alfiere e il nerbo della resistenza nazionalista. Una piazzaforte che il Generale Pasquale Paoli, “U Babbu di a Patria”, scelse, nel 1755, come centro di governo e intellettuale istituendovi l’università. Nel 1769 l’indipendenza dell’Isola fu soffocata nel sangue dai francesi, i quali chiusero l’università per riaprirla, a furor di popolo, soltanto nel 1981, dopo dure lotte iniziate nel 1965. L’università, l’unica in Corsica, prenderà il nome del suo fondatore, e oggi ospita, in una città di 6800 abitanti, circa quattromila studenti. La città, incastonata sulla sommità di un massiccio montuoso, si presenta al visitatore: pittoresca ed espressiva di cultura, e dalla sua posizione, al centro della Corsica, predomina sulle emozionanti vallate della Restonica e del Tavignanu. 
F.D.

A segus