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25/11/2005 Seberos de s'Imprenta - Economist 25.11.2005

Itàlia: unu decadessimentu chene ispera


Unu de sos diàrios prus mannos e autorevoles de Europa distruet sa repubblica italiana in crisi econòmica, polìtica e morale. Curpa de Berlusconi? No, in capas su centrumanca puru at a pòdere fàere pagu. Ma cumbenit abberu a sa Sardigna a abbarrare fidele a sa perfeta fusione de su 1847? In s'interis, in s'antigu regnu de Ispagna s'economia curret cumente unu trenu, sas limbas de minoria sunt amparadas e sa Catalùnia podet afirmare de éssere una "natzione". Ma a nois non nos cumbeniat a abbarrare in cue, o a éssere indipendentes comente a Malta, chi tenet 3 parlamentares europeos reconnotos? A sa Sardigna mancu unu, e unu muntone de dinare furau dae s'Istadu italianu matessi. 




ECONOMIA
L'economist gela l'Italia: addio dolce vita, riformare o morire 
Il periodico britannico sottolinea la difficile situazione italiana con un'indagine sul bel Paese
24/11/2005 


ROMA. «Riformare o morire». Cullandosi nelle suadenti vestigia di una «dolce vita» ormai tramontata, l'Italia si ritrova prigioniera di un lungo e inesorabile declino. 

Il miracolo economico è finito, per molti lo standard di vita peggiora, la posizione della penisola nelle graduatorie internazionali è umiliante, le famiglie faticano ad arrivare a fine mese, il livello di istruzione si abbassa, mentre crescono l'evasione fiscale e l'illegalità. Sul fronte demografico è «un disastro»: il calo e il contestuale invecchiamento della popolazione mettono a rischio le pensioni. 

Ciliegina sulla torta, le finanze pubbliche «sono a pezzi». È un quadro dai toni duri e drammatici quello tracciato dal prestigioso settimanale britannico The Economist, che domani in edicola pubblicherà la sua ultima indagine sull'Italia, con l'eloquente titolo «Addio, Dolce Vita». Per invertire la rotta servirebbe più coraggio di quanto i leader italiani sembrino possedere - dice The Economist - ma soprattutto servirebbero due condizioni che al momento non si vedono: un'emergenza visibile e una forte pressione esterna. L'Italia, dice The Economist, dovrebbe capire che «La commedia è finita». «Il miracolo economico del dopoguerra è finito - dice The Economist -. Negli ultimi 15 anni la crescita media è stata la più bassa d'Europa». Le piccole aziende a conduzione familiare, una volta spina dorsale del Paese, sono sotto crescente pressione, i costi salgono ma la produttività ristagna. Con l'euro, si è bloccata la valvola di sfogo delle svalutazioni. 

La competitività deteriora velocemente e le quote dell'export e d'investimento diretto estero sono molto basse. Se l'Italia soffre non è «per colpa dell'euro», come sostengono in tanti. Semmai - afferma The Economist - la valuta unica europea ha evitato che il bel Paese facesse la fine dell'Argentina, continuando ad usare il trucco della svalutazione competitiva in un'economia globale che non perdona. L'euro ha anche messo a nudo le reali debolezze dello Stivale, come le rigidità nei mercati dei beni, del lavoro, e la scarsa concorrenza. 

Un'opinione non dissimile da quella del presidente della Repubblica, secondo il quale l'adozione della moneta unica e gli sforzi necessari per raggiungere questo obiettivo hanno permesso all'Italia di avviare un risanamento capace di dare al Paese stabilità. Carlo Azeglio Ciampi, parlando oggi al forum economico di Istanbul organizzato da Ice, Confindustria e Abi, è tornato a difendere la scelta dell'euro e le conseguenze di severità in termini di spesa e di debito pubblico che ha comportato. 

La conclusione del rapporto dell'Economist? «L'Italia rischia di fare la fine della Venezia del 18 secolo, contenta di vivere troppo a lungo sui successi del passato. La Serenissima è oggi poco più che un'attrazione turistica. È questo - chiede il settimanale - il destino dell'Italia?». 

A segus