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12/05/2005 A subra de sa Limba de Mesania

Mesania: chie faghet finta de non dda connòschere

de Peppe Corongiu

Seberos de imprenta - La Nuova 04.05.2005



Non so se Renato Soru ha intenzione di adottare la proposta di politica linguistica nota come “Limba de Mesania”. Ma non ho condiviso le critiche al suo pensiero riportate nei giorni scorsi. A furia di far la guerra all’identitarismo sardo pensandolo come un blocco statico, reazionario e passatista ci si dimentica che gli anni passano, gli steccati cadono, le posizioni si avvicinano e si riesce a trovare un terreno comune di lavoro. E’ importante, invece, l’appello di Soru alla pace e alla serenità. In una Sardegna contemporanea che ha il coraggio di essere se stessa e di rinnovarsi continuamente c’è spazio per tutti gli ambiti culturali. Per la lingua autoctona e la cultura identitaria come per altre espressioni più cosmopolite. Il nostro futuro ha bisogno di questi due poli, possibilmente non in contrasto, ma in un costruttivo confronto. Non due, ma una Sardegna che riesca a completarsi tra passato e presente, tradizione e modernità, lingue maggiori e lingue minoritarie. Gli intellettuali sardi delle due tendenze imparino a convivere, non a cercare di eliminarsi. 

I punti fermi sono i seguenti. Primo. Nel vasto panorama culturale isolano è’ necessario governare il problema della lingua in Sardegna. Esorcizzarlo e rifiutarlo significa consegnarlo nelle mani di chi ne farà un uso sbagliato e pernicioso. Stesso risultato si otterrà rendendo eterne le polemiche linguistiche. Secondo. E’ necessario valorizzare la lingua sarda perché, così come altre componenti più universali, è parte integrante della nostra identità. Pena l’estinzione. Terzo. Le cose da fare sarebbero tante, una fra queste il suo utilizzo nell’Amministrazione Pubblica.

La lingua sarda può essere strumento di progresso, modernità e innovazione. Dipende che cosa si dice “in limba” e da chi lo dice. Non neghiamoci questa possibilità. Fa comodo lasciar credere che tutte le proposte in campo in questo senso siano uguali: Lingua Sarda Unificata e Limba de Mesania. In realtà così non è, e bisognerebbe forse spiegarlo meglio. Chi scrive, infatti, è stato molto critico sulla Limba Sarda Unificada. Limba de Mesania (proposta dal Comitau abbia a su sardu comunu composto da associazioni, intellettuali, scrittori e linguisti) non è una seconda LSU, ma propone un sistema assolutamente libero e polinomico dove ognuno possa usare la propria variante linguistica locale. Ma si pone il problema della Regione: Quale espressione linguistica deve usare in uscita l’istituzione che ci rappresenta tutti e che accetta in entrata qualsiasi variante? Quale lingua visto che è fondamentale che la nostra massima istituzione la renda visibile ai massimi livelli? Per il sistema “Limba de Mesania”, la Regione dovrebbe usare solo per i suoi atti amministrativi e solo in uscita quella variante di sardo di una fascia mediana della Sardegna che va dall’Alto Oristanese fino all’Ogliastra dove le due macro-varianti si sono mescolate “naturalmente” (non a tavolino) e hanno dato luogo a parlate miste tra le due principali varietà del sardo. E’ una lingua di plastica, artificiale? No, tale variante è “naturale” perché effettivamente parlata da sardi veri in carne e ossa. E’lingua della gente, non fantasma. E’ piuttosto, usata con regole scritte da definire meglio, il codice simbolico dell’unità dei sardi, come ha interpretato brillantemente Soru. In questo sistema la Regione accetta in entrata tutte le varianti e non si fanno preferenze. Non è un’invenzione. Si tratta di un modello storico che può fare riferimento alla Carta de Logu del Giudicato di Arborea. Una lingua di palazzo? Così’ come tutte le altre lingue, che vengono usate in strada, nei giornali e anche nei palazzi. Come soluzione ha un respiro europeo simile all’esperienza fatta in Svizzera nel cantone dei Grigioni con il romancio. 

Renato Soru piuttosto dovrà fugare il dubbio di chi considera la sua iniziativa una “trappola che serve ad affossare la lingua”. E questo potrà farlo solo rendendo visibili i risultati in tempi brevi. Senza attendere anni. La buona riuscita di questa operazione sarà data dalla cura dei particolari e dall’attenzione alle sottigliezze di una materia che per sua natura storica è un ginepraio bizantineggiante. E’ importante capire il problema dell’unità simbolica della lingua e del popolo sardo, pur nel rispetto delle diversità. La cura massima nei termini lessicali della comunicazione. La scelta di una commissione che sia autorevole, competente, dinamica, rappresentativa non solo di competenze astratte, ma anche di orientamenti che pesano sul consenso finale. Con personale che si occupi della “lingua della confidenza” avendo “confidenza con la lingua” per avere un minimo di credibilità quando la dovrà presentare fuori. Ben indirizzata con un chiaro, determinato e non debordante incarico. Fondamentale è un tempo massimo a disposizione.

Si è tiepidi per la soluzione “mediana” per la lingua ufficiale scritta in uscita. Ma scegliere una qualsiasi altra variante significherebbe rinfocolare i campanilismi e, di fatto, bloccare l’operazione. Forse non si accetta l’idea della lingua ufficiale regionale perché promuovendo le lingue dei territori, si combatte l’idea della Sardegna come entità in qualche modo “unitaria e autodeterminata”. Ma il discorso si sposterebbe altrove. 

Chi non è contro identità e lingua dovrebbe aderire a questa proposta. E’ solo un simbolo, è vero, ma è il simbolo di una Sardegna che vuole trovare una soluzione e dire basta alle polemiche sterili. E’ questa infatti la svolta non “imperialista” o di “deriva etnica”, ma “postmoderna” che chiude una stagione e ne apre una tutta nuova per la politica linguistica. Chi ha paura di ciò dovrebbe essere tranquillo. Innovazione e continuità si sposano, senza furbizie, per dar vita a un modello nuovo, originale, europeo, universale. Quello dell’identità abbinata alla tolleranza e al reciproco riconoscimento interno ed esterno. Noi, dal canto nostro, che abbiamo criticato a viso aperto Soru per alcuni odiosi tagli in finanziaria pur non avendo ricevuto come Sòtziu Limba Sarda mai un euro di contributo pubblico, vigileremo liberamente perché le cose annunciate si realizzino presto e senza trappole. 



Giuseppe Corongiu

Direttore Sòtziu Limba Sarda

A segus