© LimbaSarda 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

05/05/2005 Parris libberus

Marcello Fois e sa lingua sarda

de Roberto Bolognesi

Ho conosciuto Marcello Fois alla Fiera del Libro di Francoforte, quest'autunno scorso. Mi ha colpito subito per la sua aria sbarazzina, accresciuta
dal fatto che indossava delle scarpe da tennis. Un conoscente comune ci ha presentato e io, come faccio sempre quando, all'estero, incontro un sardo, l
'ho salutato nella nostra lingua. L'aria sbarazzina di Fois si è subito trasformata in un'espressione tra il divertito e lo schifato-ha arricciato
un po' le labbra-e ha ritirato la sua mano flaccida dalla mia. Poi si è voltato, borbottando qualcosa, e si è allontanato. Ho guardato il conoscente
comune e lui, come per per giustificarsi, ha detto: "Sai, è uno scrittore.".Devo aver fatto una faccia strana, perché il conoscente ha aggiunto subito:
"No, no! Lavora anche per la RAI." Così io mi ero fatto un'idea di Marcello Fois come di uno che-noblesse oblige-non amasse il sardo per motivi
professionali: quanto mi mi ero sbagliato! Nel suo intervento sulla Nuova Sardegna del ?? aprile, Marcello Fois ha finalmente messo in chiaro quanto
grande sia il suo amore per la lingua sarda. Fois scrive: "La questione della Lingua in Sardegna andrebbe sottratta alle secche della complicazione
in cui è stata artatamente disposta e riportata alla sua complessità naturale. Andrebbe cioè sottratta al controllo delle caste sacerdotali
furbescamente "unificatorie", per restituirla alla gente." Traducendo il linguaggio sublime del nostro scrittore in uno più terra terra: secondo lui
la questione della lingua in Sardegna è stata forzatamente complicata dall' intervento di una casta di furbi sacerdoti che vogliono unificare il sardo,
mentre se si fosse lasciato che la gente risolvesse da sé la cosa, la situazione sarebbe oggi complessa, ma naturalmente complessa. Accidenti! A
prima vista, il vantaggio di questa restituzione non sembrerebbe un gran ché. Per essere davvero sicuro di aver capito bene questo pensiero espresso
in modo così sublime, ho cercato sul dizionario il significato della parole "complicazione" e "complessità": complicazióne s. f. ; atto, effetto del
complicare e del complicarsi; complicàre v. 1ª tr. e intr. pron. tr., rendere più complessa, più intricata, più difficile una situazione, un
problema, ecc.: intr. pron., diventare più difficile a risolversi, più complesso. complessità s. f. inv., proprietà di chi o di ciò che è
complesso. complèsso agg. che risulta formato di varie parti o elementi connessi tra loro (in questo sign. si oppone direttamente a "semplice").
Sarà che la mia mente è ormai inaridita dalla scienza, ma io la differenza (probabilmente sublime) tra "complicazione" e "complessità" non riesco a
coglierla. No, Fois non sembra avere le idee chiare sulla questione della lingua sarda.
Del resto, come si sa, Fois non è un sardo "praticante". Scrive esclusivamente in italiano, rivolgendosi, almeno nelle speranze, ad un
pubblico ben più vasto di quello isolano. Ha anche definito il sardo un"vernacolo" (vernàcolo s. m., la parlata caratteristica di un determinato
luogo, che si differenzia per alcune particolarità dal dialetto della zona più vasta alla quale quel luogo appartiene est. dialetto.): ma vernacolo di
quale lingua? E quindi si contraddice, usando questo termine denigratorio per contrapporre il sardo all'italiano (la LINGUA), quando attacca quei
"sacerdoti" che vorrebbero una Sardegna "normativa, artificiale, contrapposta alla Sardegna reale". Se il nostro scrittore avesse la
compiacenza di informarsi, scoprirebbe quali e quante sono le diverse posizioni sulla questione dell'unificazione del sardo. Ma a lui fa comodo
appiattire tutto e tutti sul "modello catalano". Probabilmente il suo discorso è rivolto a un pubblico simile a lui. Fois
attacca posizioni che io non ho mai sentito difendere da nessuno. In fondo ha soltanto paura che la Sardegna ripeta la politica linguistica attuata
fino a poco tempo fa dallo stato italiano, ma anziché indignarsi per lo scempio linguistico che lo stato "unitario" ha realmente compiuto in tutto
il suo territorio, se la prende con i mulini a vento di un sardo ufficiale scritto da usare nei documenti della Regione e che è compatibilissimo con la
ricchezza di varietà della nostra lingua. E, malignamente, aggiunge anche che "Certo rinunciare al governo della Lingua in questo momento della storia sarda significherebbe rinunciare ad una forma di satrapìa strisciante e, perché no, all'accesso a un bei po' di fondi regionali concessi dalla Legge 26 e dintorni." Se, da un lato, è vero la legge 26 è criticabilissima (si vede subito che è stata concepita per distribuire finanziamenti a pioggia) e secondo me andrebbe radicalmente migliorata, d'altra parte non vedo come si possa criticare indiscriminatamente chi ha usato questo strumento per portare avanti delle iniziative a favore della lingua sarda. Se Fois è a conoscenza
di abusi, ci faccia nomi e cognomi, anziché attaccare indiscriminatamente tutti con le sue insinuazioni.
No, caro il nostro scrittore, queste sono solo calunnie che le ricadono semplicemente addosso.
Fois conclude: "Non si può accettare di far parte di una Cultura che abbraccia un modello classista ed egoista e che risponde con la legge del
taglione a quanto avrebbe subito. Ammesso che ciò sia avvenuto e che non sia stato il prodotto di una resa incondizionata. Studiamo, conserviamo,
finanziamo, ma non vorrei mai la responsabilità di essere fra quelli che decidono quale sia la morfologia, la biologia. la genetica del sardo sardo
contro il sardo così e così."Come si vede che lui non è un linguista: cosa sarebbero mai la "biologia e
la genetica del sardo"? E il resto è dello stesso livello. Esiste un detto inglese che, tradotto, suona così: "Signore, aiutami a tenere la mia
boccaccia chiusa fino al momento in cui saprò chi cosa sto parlando!"

Roberto Bolognesi

A segus