05/05/2005 Rassigna de s'imprenta/Unione Sarda
de su 03.05.05
Il libro in Sardegna: né guerre né provincialismi
de Mario Argiolas
Fortunatamente la stampa in generale e questo giornale in particolare hanno informato in modo ampio e dettagliato sui contenuti e gli obiettivi della Quinta Mostra del libro che si è svolta nei giorni scorsi a Macomer, altrimenti il lettore, limitandosi a leggere l'intervento di Marcello Fois pubblicato martedì, si sarebbe fatto un'idea completamente sbagliata della manifestazione. Non solo la Fiera di Macomer non ha ospitato dibattiti con l'obiettivo di attaccare i presìdi del libro ma si è autocostituita essa stessa come un grande presidio per la difesa del libro e la promozione della lettura, se è vero che oltre 600 ragazzi provenienti da scuole di tutta la Sardegna hanno letto dei libri e li hanno discussi con l'autore. L'idea dei presìdi poggia, infatti, su un concetto molto semplice: allargare l'area di lettura a partire dai lettori forti. L'altra idea, che da questa scaturisce quasi naturalmente, è che tutte le volte che un gruppo di lettori si organizza per promuovere incontri che abbiano al centro il libro e la lettura, in quel momento nasce un presidio. Cosa manca a questo punto per dare forza e visibilità ai presìdi, per creare un forte movimento dal basso a favore della lettura? La rete. È sufficiente mettere in comunicazione tutte queste esperienze per dare visibilità a un movimento che in Sardegna esiste da anni e che fa leva su scuole, biblioteche, librai, editori, associazioni, scrittori e operatori culturali. A Macomer non si è parlato assolutamente di soldi e di come distribuire le pubbliche risorse, tantomeno chi era lì pensava di essere in guerra. Fois parla di un conflitto tra il vecchio e il nuovo e sembra aver individuato i nemici da abbattere: certa accademia, il riferimento è a Nicola Tanda, professore in pensione, il cui unico torto sembra essere quello di difendere il patrimonio linguistico e letterario prodotto dai sardi nella storia e gli editori che vorrebbero, secondo lui, "mantenere un'economia di sussistenza mimando un interesse per il bene comune che non c'è nei fatti". Devo deluderlo: la guerra esiste solo nella sua immaginazione. Anche a Macomer, come ci è del resto congeniale, abbiamo parlato di progetti, di impegno sociale, di doppia valenza dell'attività dell'editore: imprenditoriale e culturale; abbiamo parlato, insieme a tutti i protagonisti della filiera del libro, di sistema culturale integrato. L'editoria sarda ha una tradizione e, pur con tutti i suoi limiti, rispecchia l'identità culturale della Sardegna. Sarebbe impensabile oggi parlare di cultura e conoscenza trascurando l'apporto fondamentale che l'editoria ha saputo dare negli ultimi trent'anni almeno. L'editoria ha una funzione sociale, mostra segni di vivacità, dà spazio ai giovani laureati disoccupati, promuove nuovi studi e nuovi autori. Perché punirla con drastici tagli di bilancio? Perché bloccare l'applicazione di una legge del Consiglio Regionale? Queste le domande che abbiamo posto alla Giunta Regionale e al Presidente Soru. Occorre cambiare una politica che sottovaluta la cultura democratica e la produzione culturale, non riconoscendone fino in fondo il potenziale innovativo, e occorre contrastare un processo di globalizzazione che tutto mercifica, appiattisce e svilisce. Non vorremmo che l'accusa di provincialismo rivolto alle forze vive della società, che rilanciano l'idea di un moderno autonomismo, nasconda l'altro vizio degli intellettuali sardi, più volte denunciato da Antonio Pigliaru, quel "cosmopolitismo di maniera", tipo "aria del continente", che si riduce alla fine a voltare le spalle alla vita regionale rifiutandone le forme ancora aperte dell'esperienza. Mario Argiolas