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24/05/2004 Limba e Imprenta/ L'Obiettivo cuotidianu ghiadu da Giuanne Follesa Eletziones e Politica Limbistica/Tentru Dereta e Limba Sarda

Arrejonada cun Antonello Liori (AN)

Regione – Non sarà certo la moda degli abiti in velluto a far riscoprire i valori più profondi della Sardegna. E nemmeno una campagna elettorale, per il rinnovo del consiglio regionale, giocata tutta sull’identità sarda. Espedienti talvolta superficiali dettati da un’emozione, si spera, non passeggera. La Sardegna è una nazione. Talvolta senza la consapevolezza di esserlo. Un guaio. “Personalmente – osserva a proposito Antonello Liori, consigliere regionale e presidente provinciale di Alleanza nazionale – sono fiero di essere sardo. E posso permettermi di fare questa affermazione grazie alla mia famiglia, mi ha insegnato a parlare prima il sardo e poi l’italiano. Una famiglia ‘vecchio stile’, attenta ai valori tipici dell’identità sarda”. Un’educazione che consente ad Antonello Liori di affrontare i temi della sardità con competenza e onestà intellettuale. Il primo problema per una nazione è avere una lingua. “In Sardegna non è esiste una sola lingua. Perché nessuna ha preso il sopravvento sulle altre e quindi si è imposta come lingua parlata o letteraria unica. In realtà c’è una predominanza della lingua gallurese per la letteratura e la poesia e, contemporaneamente, è molto più diffuso il campidanese. Oggi, forse, la lingua più parlata. L’ideale sarebbe trovare una lingua ‘adatta’ a tutti i sardi”. Non è certo facile… “Ritengo che il processo di unificazione di una lingua possa avvenire anche attraverso un processo politico, ma è una soluzione piuttosto ‘pesante’. E’ un po’ quello che è avvenuto con l’italiano, lingua letteraria imposta a un popolo intero, unificato nella parlata”. La Regione Sardegna tenta quanto meno di valorizzare la lingua. “E’ vero, la Regione ha fatto delle leggi per salvaguardare il patrimonio culturale di una lingua romanza unica. Importante nello studio della glottologia oltreché sociologico. Tuttavia, per noi consiglieri regionali, fatti salvi gli aspetti della valorizzazione e tutela legali della lingua sarda, è difficile prendere un’iniziativa unificante nell’uso della lingua, o meglio dei dialetti che compongono la lingua sarda”. C’è stato anche un tentativo di creare una lingua sarda ‘a tavolino’. “Non vivo il problema dell’unificazione a tutti i costi. Ricordo che il greco antico aveva tanti dialetti e i grandi autori scrivevano con quei dialetti arricchendo comunque di grandi capolavori la Terra. Lo stesso può accadere per il sardo. Avere più dialetti è una ricchezza”. Insomma, niente unificazione? “Arrivare, un giorno, all’unificazione è forse meglio. Da sardo dico però che oggi capirsi tra sardi non è un problema, pur esprimendosi ciascuno nel proprio dialetto”. C’è però il problema del bilinguismo, almeno negli atti ufficiali. “Ciascun atto è traducibile dall’italiano al campidanese, dall’italiano al logudorese. Una supremazia di una lingua sull’altra è impopolare, e soprattutto proporla come atto d’imperio del Consiglio regionale”. Cosa pensa della Nazione Sarda? “Che siamo una nazione, sebbene un po’ anomala. Prima di tutto siamo italiani. Lo dico perché dopo quasi 200 anni di unità d’Italia e di legami stretti col regno Sardo-piemontese noi siamo fortemente caratterizzati con la cosiddetta ‘italianità’. Anche se con rammarico occorre constatare che forse hanno potuto più 50 anni di attività radiotelevisiva che secoli di unità politica. Tuttavia credo che il tema della nazionalità sia più sentito e vissuto nelle zone interne dell’isola, in parte perché è stato sfruttato come momento di ribellione politica. Detto questo, ribadisco che in realtà esiste una Nazione Sarda perché nascere in Sardegna, essere sardi, significa nascere all’interno di una cultura caratteristica e estremamente diversa da quella italiana” Per lei è così? “Il mio essere sardo, ma è un discorso generale, caratterizza tutti gli aspetti della mia vita. Quando si cresce in questa società ci si porta dietro un bagaglio culturale che influenza l’intera esistenza… le opinioni, forse morali, le scelte politiche, le influenze artistiche e le espressioni linguistiche. Una Nazione Sarda, esiste. Tant’è che sono convinto che questa nazione, comunque strettamente vincolata all’italianità, ha diritto a una rappresentatività politica a livello europeo. Nazioni ben più piccole hanno questa forza, i sardi devono godere degli stessi diritti politici. Si deve arrivare al riconoscimento della specificità e originalità della cultura sarda, in Italia come in Europa. Quando si esalta il ruolo centrale della Sardegna nel Mediterraneo, si dipinge la nostra isola come ponte ideale tra la cultura europea e quella africana, lo si fa a ragion veduta. Ora occorre riconoscerne ufficialmente il ruolo”. Globalizzazione e identità sarda possono convivere? “La globalizzazione sta portando la Sardegna a riscoprire le proprie specificità e peculiarità. E’ un’opportunità per valorizzare le nostre caratteristiche non solo culturali e sociali, ma anche le produzioni agroalimentari e artigianali. Un modo nuovo per far conoscere i colori, i sapori e gli odori della nostra terra”. Sardità e sardismo, per alcuni è una moda. Per lei? “E’ un modo di essere. Sono fiero di essere sardo, di essere sardofilo. Da qui a dire che della mia sardità io faccio l’unico, o principale, motivo del mio agire politico è piuttosto riduttivo. Anche se poi una forte tutela degli interessi della sardità è un valore imprescindibile. Il sardismo dovrebbe contagiare un po’ tutti quelli che fanno politica in Sardegna. La sardità è un fatto personale: c’è chi l’ha, come il sottoscritto, e chi no. Io so solo che è un patrimonio che mi porterò dietro per tutta la vita”.

A segus