29/09/2004 Calligaris (SDI): intervento in Consiglio Regionale
Nuovo statuto, identità e minoranze linguistiche
Onorevoli Presidenti del Consiglio e della Regione Onorevoli Colleghe e Colleghi Stimati Componenti dell'Esecutivo, con profonda partecipazione emotiva per l'avvio della XIII legislatura, che segna la presenza di 14 donne tra Assemblea ed Esecutivo, intervengo nel dibattito sulle dichiarazioni programmatiche. Ritengo, infatti, opportuno sottolineare alcuni aspetti che, benché presenti nel programma della Coalizione Sardegna Insieme, sinteticamente illustrati dal Presidente della Regione, rivestono, a mio avviso, un carattere di priorità. Condivido innanzitutto l'affermazione conclusiva del Presidente Renato Soru "partiremo dagli ultimi". La prima emergenza, infatti, è quella sociale. Credo, quindi, che il Consiglio e la Giunta debbano da subito promuovere iniziative idonee ad affrancare chi si trova nello stato di bisogno. Al riguardo, lo scorso 23 luglio, ho scritto al Presidente dell'Assemblea chiedendogli di fare chiarezza su emolumenti e privilegi dei Consiglieri "in attesa di concreti atti di solidarietà civile e di attestati palesi di rigore nello svolgimento del mandato". Un secondo aspetto importante è quello della salvaguardia della corretta pratica democratica nelle diverse Aule dove si esprime la rappresentanza popolare. Non è un caso che la cultura della pace sia stata richiamata con forza nelle Dichiarazioni programmatiche. Deve essere, infatti, un valore irrinunciabile il contenimento dei toni, pur nella contrapposizione polemica, sia nelle Assise dei piccoli e dei grandi centri, sia nelle Assemblee circoscrizionali così come nella massima Aula della comunità regionale. E' altrettanto importante da sostenere il confronto sui problemi e sulle diverse modalità di risolverli e non il giudizio o peggio ancora il pregiudizio sulle persone. L'impegno, secondo me, dovrà essere quello di mantenere alto il livello della passione politica, ma evitare sempre che in qualunque sede di rappresentanza si possa scadere nel personalismo e nel malcostume dell'offesa. La Sardegna non ha bisogno di contrasti estremi. Una classe politica matura deve condurre le battaglie per il benessere di tutti e su questo progetto tendere all'unità superando il tradizionale fossato degli schieramenti. Le opposizioni, in particolare l'area di centro, dovranno dimostrare la capacità di "cogliere il meglio" delle proposte della maggioranza e manifestare sensibilità verso tutti i cittadini. Nodale resta, senza dubbio, il lavoro. Non è uno dei tanti problemi - lo ha detto bene il Presidente - è il nostro vero problema. Condiziona la vita di troppi, donne e uomini, che aspirano a vivere dignitosamente. Se accettiamo dunque che "la politica è dono di se stessi agli altri" questo nodo dello sviluppo deve essere sciolto. Per chi si ispira alla tradizione socialista democratica significa un lavoro garantito da norme contrattuali che disegnino anche il futuro pensionistico. Non è pensabile che in Sardegna ci siano circa 60 mila lavoratori ex cococo cioè con contratti di collaborazione coordinata e continuativa e che il precariato sia diventato uno "status" tollerato. In questa più ampia cornice di riferimento è indispensabile una più forte spinta qualitativa della formazione. Occorre salvaguardare la Scuola pubblica che valorizzi le professionalita' contrastando il continuo ripetersi di "tagli" indiscriminati prevalentemente a scopo ragionieristico. La Regione utilizzi per interventi concreti le competenze acquisite. Istruzione pubblica, formazione professionale e Università devono collaborare per recuperare le ampie sacche di analfabetismo, senza trascurare quello "di ritorno". Nessuna "rivoluzione telematica" o "informatizzazione diffusa", nessun progetto "MARTE" o di "e-government" possono essere fruibili da ampi strati della popolazione senza le conoscenze di base. Anche la consapevolezza di sé, della propria storia, della propria identità e appartenenza non possono prescindere dalle conoscenze. La nostra identità non è un prodotto culturale costruito. I sardi non hanno dovuto inventarsi costumi tradizionali, come hanno invece fatto gli scozzesi per il kilt di origine inglese. I sardi non si sono dovuti inventare la propria terra come hanno invece fatto gli abitanti della "Padania" per acquisire peso politico per negare il Federalismo solidale. I sardi hanno una storia millenaria, un pregevole territorio, una lingua antica e perfino un DNA "speciale". Per questa identità lo Statuto di Autonomia da riscrivere in tempi rapidi, dovrà essere articolato in una formula utile a sancire, nella diversa prospettiva europea delle minoranze etno-linguistiche e delle Regioni senza Stato, la nostra valenza identitaria. Nella nuova "carta costituzionale" dei sardi si dovranno in sostanza riconoscere i segni tangibili di una continuità storica che parte simbolicamente dalla Reggia Nuragica di Barumini. La cultura del Sardismo e le battaglie autonomistiche - che hanno visto protagonisti minatori, pastori e operai - saranno preziose e forniranno utili suggerimenti. Identità è anche valorizzare le esperienze delle donne, coinvolgerle insieme agli uomini, nel percorso che vogliamo tutti delineare. La componente femminile della società sarda ha elaborato un patrimonio di conoscenze a cui attingere per arricchire e rendere sempre più condivisa la partecipazione popolare alle Istituzioni. Per il coinvolgimento sempre più esteso delle cittadine e dei cittadini alla conoscenza degli atti dell'Assemblea e del Governo e per garantirne la trasparenza un ruolo determinante lo svolge il sistema dell'informazione. La carta stampata, le televisioni, la radiofonia, internet sono gli strumenti per interagire e parlare direttamente con i sardi residenti nell'isola e nel mondo. Per permettere ai nostri conterranei di guardare dentro i Palazzi di via Roma e di viale Trento è indispensabile che i giornalisti siano messi nelle condizioni di lavorare e svolgere al meglio il loro difficile compito in un rapporto sempre corretto tra politica e informazione. MARIA GRAZIA CALLIGARIS