Ma Progetto Sardegna est su partidu de sa cultura?
de Vito Biolchini
www.godotnews.it
Il dibattito sui tagli ai finanziamenti
MA PROGETTO SARDEGNA È
IL ‘PARTITO DELLA CULTURA’?
Con la nomina di numerosi assessori, supportati da scrittori e intellettuali, il movimento fondato da Renato Soru ha scelto di guidare la politica culturale isolana. Ma le scelte finora attuate e l'assenza di un vero programma stanno allontanando le associazioni e gli artisti dal movimento. Un'analisi di Vito Biolchini sulla situazione di disagio che si vive nello spettacolo e nell'editoria isolane.
Il logo di Progetto Sardegna
10/6/2005
Progetto Sardegna è la formazione politica che vuole rappresentare le istanze della cultura sarda nelle istituzioni? Sembrerebbe proprio di sì. Esprime infatti l’assessore regionale allo Spettacolo e ai Beni culturali, l’assessore alla Cultura della Provincia di Cagliari, l’assessore alla Cultura del Comune di Sassari e quello ai Beni culturali del Comune di Quartu. Esprime inoltre il presidente della commissione consiliare alla Cultura e nell’aula di via Roma schiera due stimati professori universitari studiosi di letteratura e filologia. Numerosi scrittori di grande visibilità mediatica non fanno mistero di supportare i rappresentanti nelle istituzioni nominati da Progetto Sardegna nell’elaborazione delle loro politiche culturali. Perfino giornalisti di settore stanno dando il loro contributo su un piano schiettamente politico e non solo di elaborazione teorica. Questa alla cultura è certamente una inclinazione naturale del movimento, dettata dalle sensibilità di chi fin dall’inizio lo ha animato e guidato. Dunque, benché ancora in cerca di una precisa identità politica e organizzativa, è evidente come Progetto Sardegna abbia scelto di mettere la cultura al centro della sua azione. Nel dibattito aperto sul futuro del movimento creato da Renato Soru questo dato non può essere sottovalutato.
Avere un gruppo che si candida a governare un settore così importante è confortante. La sinistra (in Sardegna e non solo) ha infatti da tempo abbandonato al loro destino artisti e intellettuali. Politica e cultura hanno smesso di dialogare e i risultati sono evidenti. La cultura sconta l’assenza di una normativa efficace, di un sistema di regole trasparente e condiviso, di una visione progettuale di respiro europeo; la politica paga l’inaridimento delle sue utopie, una mediocre selezione della classe dirigente, una chiusura alle istanze più avanzate della società.
Tutto ciò non ha ovviamente impedito l’emergere in Sardegna di artisti e scrittori, registi e autori come non mai nella nostra storia recente. Ma un conto è l’albero, altro il bosco. Un conto è l’affermazione di individualità di successo, altro la realizzazione di un sistema, di una organizzazione che faccia della cultura uno strumento di crescita civile accessibile a tutti e senza squilibri territoriali. Esaltando l’albero e dimenticando il bosco, i grandi mezzi di informazione locali, lobbies in cerca di visibilità e amministratori con poche idee, da troppo tempo nascondono all’opinione pubblica isolana la condizione di grave sottosviluppo culturale nel quale versa la nostra regione, in estremo ritardo anche solo rispetto ad altre realtà del centrosud.
Una visione distorta porta ad azioni sbagliate. Alla classe dirigente che governa questa regione non spetta infatti il compito semplicistico di sostenere economicamente chi fa cultura (scegliendo con atteggiamento principesco chi, tra le personalità di spicco, meriti di essere aiutato) ma di elaborare una politica culturale, di organizzare cioè un sistema trasparente e condiviso di regole e strumenti, capace di far emergere le individualità più meritevoli.
Questo progetto di politica culturale oggi non esiste, perché nessuno l’ha mai teorizzata. Il centrosinistra ha banalmente sciupato l’occasione della campagna elettorale per le scorse elezioni regionali: al confronto si sono preferite le feste, al dibattito la rappresentazione stereotipata di un settore che ha l’ambizione di voler fare qualcosa di più che non 'intrattenere' il proprio pubblico.
Questo evidente limite progettuale, mirabilmente sintentizzato nella sua pochezza nella parte del programma della coalizione dedicata alla cultura, ora si scontra con la durezza di una situazione compromessa da anni di mancato governo del settore e alle prese con una evidente crisi di risorse.
Le prime risposte della Regione alle domande della cultura non potevano dunque che essere poche e contraddittorie. Con un fare che gli operatori hanno sentito come punitivo, sono stati drasticamente ridotti i finanziamenti all’editoria e allo spettacolo, mentre le rendite di posizione del Teatro Lirico di Cagliari sono rimaste inalterate. La sensazione tra la maggior parte degli operatori culturali non è dunque solo di un immobilismo, ma di un peggioramento dei rapporti con le istituzioni. Il risultato è paradossale: mentre Progetto Sardegna sceglie con forza di rappresentare le istanze della cultura, molti esponenti dell’arte, dello spettacolo, dell’editoria guardano al partito con diffidenza (se non ostilità) sempre più crescente.
Sempre che Progetto Sardegna non voglia rappresentare interessi di singoli o di singoli gruppi di pressione, è evidente che questa situazione è destinata a diventare insostenibile.
Per occuparsi di politica culturale oggi in Sardegna è necessario non solo comprendere criticamente quanto è avvenuto negli ultimi trent’anni, ma anche avere una sufficiente fantasia per capire che cosa si vuole che accada almeno nei prossimi cinque. Se Progetto Sardegna vuole candidarsi a un ruolo guida deve dotarsi in tempi rapidissimi di un programma condiviso e organico. Deve chiamare a raccolta artisti e operatori in un momento di confronto aperto e spietato, la cui durezza deve essere proporzionale ai timori, alle opportunità e alle speranze del momento. Recuperare il tempo perduto non solo si può, ma si deve.
Altrimenti, in assenza di una vera politica culturale, gli assessori corrono il rischio di trasformarsi in direttori artistici. Di compiere non scelte strategiche su istanze condivise ma di puntare tutto su personalità o realtà che si ritengono esemplari (le tanto decantate 'eccellenze'…). È un metodo né europeo, né moderno né progressista né democratico, ma solo una pericolosissima scorciatoia (appena funzionale alla giustificazione di un taglio dei contributi) che conduce dritti dritti all’impoverimento della cultura. È la strada percorsa a Cagliari dall’assessore Pellegrini, con i nefasti risultati che tutti noi abbiamo sotto gli occhi.
Chi come Progetto Sardegna coltiva l’ambizione di tracciare le linee di una nuova politica culturale isolana dovrebbe innanzitutto saper ascoltare le voci di coloro che vorrebbe rappresentare. Farne gli interessi, difenderne le motivazioni, interpretarne le ambizioni. Altrimenti la politica rischia di occupare la cultura, ma senza occuparsene. E non è esattamente la stessa cosa.