© LimbaSarda 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

31/01/2006 Sèberos de imprenta - La Nuova 30.01.2006

Spissu: limba unitària iscrita po nos fàghere reconnòschere


30 gennaio 2006

IL CONVEGNO

A Sassari un confronto sulle lingue minoritarie
di Silvana Porcu



«Il futuro è da scrivere ». Per salvare le lingue minoritarie sono venuti in soccorso i Clash con il loro «The future is unwritten
». Lo slogan è suonato come un ritornello in tutti gli interventi che hanno contribuito al dibattito: «Su tempus benidore de su sardu, de su friulanu e de àteras limbas minoritàrias a ses annos dae sa Lezze 482/99». 

A sei anni dalla legge 482, gli esponenti delle comunità sarda, friulana e catalana si sono riuniti a Sassari per capire come promuovere
l’uso delle lingue che popolano l’Italia. Palazzo Sciuti, nell’incontro moderato da Alba Canu, si sono alternati il presidente
del consiglio regionale Giacomo Spissu, lo scrittore Sergio Salvi, Diego Corraine della Commissione per la lingua
sarda, il presidente dell’Obra Cultural di Alghero Carlo Sechi, Marco Stolfo per le comunità linguistiche del Friuli Venezia
Giulia e Paolo Fois dell’università di Sassari. 

«Una grande operazione culturale e politica» è la promessa di Giacomo Spissu per la diffusione del sardo. La scrittura è al centro del discorso sulla limba: «Io stesso
vedevo l’unificazione del sardo come qualcosa di artificiale — ammette il presidente del consiglio regionale —. Poi
mi sono reso conto che questa operazione permetterebbe alla nostra lingua di essere riconoscibile all’esterno. E
non impedirebbe a nessuno di mantenere la propria parlata ».


La Sardegna ha preceduto il governo nazionale con la legge 26 del 1997. La tutela che copre le lingue minoritarie
ha ancora qualche difetto. Ma tutti sono d’accordo sul fatto che la legge 482 è almeno un punto di partenza. Il testo
indica anche gli ambiti in cui la lingua deve essere tutelata: pubblica amministrazione, scuola, mezzi di comunicazione.
«Ci sono progetti ma sono sperimentali», dice Marco Stolfo, direttore del servizio identità linguistiche della
regione Friuli Venezia Giulia. Da solo rappresenta il friulano, lo sloveno e il tedesco.

L’esperienza più importante è quella degli osservatori della lingua friulana, che oggi si sono evoluti in un’agenzia dai compiti ambiziosi:
«Deve fare in modo che la lingua sia usata in ogni ambito della vita quotidiana». Il sardo e il friulano condividono il
problema delle varianti locali. «Noi abbiamo messo a punto una grafia unica — aggiunge Stolfo —. L’orale non è un
problema. Ma la regione concede i finanziamenti solo a chi usa la grafia ufficiale». 

Il lavoro di ufficializzazione della lingua è fondamentale per Diego Corraine. La Sardegna ha bisogno di azioni di politica linguistica che rendano
il sardo «normale» nella vita pubblica. «Serve un coordinamento tra la Regione e le Province. E un intervento immediato.
Perché domani saranno sempre meno le persone che parleranno il sardo».

A bacchettare la 482 sull’insegnamento ci pensa Carlo Sechi, che fa parte anche della nuova consulta sulle minoranze linguistiche istituita a
Roma come punto d’incontro tra governo e singole comunità. Il rappresentante della catalanità algherese accusa
una legge «sibillina» che non spiega come reclutare i docenti e taglia fuori le associazioni. 

Sechi punta il dito anche contro le istituzioni: «Da 3 anni il Comune di Alghero riceve i finanziamenti per lo sportello linguistico, ma ancora
non è stato realizzato». E’ un toscano a ricordare quanto il sardo sia stato rilevante nei secoli passati: Sergio
Salvi richiama l’attenzione sulla prima lingua usata per un altissimo numero di documenti pubblici già da
mille anni fa.

A segus