© LimbaSarda 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

24/01/2006 Sèberos de Imprenta - Unione de su 11.01.06

Manuale de tecnica po imparare su sardu


Libri. Un volume del linguista Eduardo Blasco Ferrer edito da Della Torre
Manuale di tecnica per apprendere il sardo
Occorre un metodo glottodidattico per insegnare e imparare la limba

Più di cinquant'anni fa il tedesco Max Leopold Wagner inseguiva il sogno di avvicinare la lingua sarda a tutti. Adesso un altro "straniero" (è catalano ma ormai cittadino dell'Isola) sta portando a compimento quel pium desiderium. Eduardo Blasco Ferrer, l'unico ordinario di Linguistica sarda e direttore del Master universitario Approcci interdisciplinari nella didattica del sardo della Facoltà di Scienze della Formazione, offre ai sardi, in particolare ai cultori e agli insegnanti, una novità singolare nell'ambito dell'annosa questione sulla lingua: un libro dedicato a illustrare strategie e tecniche glottodidattiche. 

Nato da un'esperienza ormai ventennale sulla ricerca su tutti i campi della linguistica sarda (il lavoro giovanile e best-seller La lingua sarda contemporanea del 1986, ma anche la disamina che catapultò il linguista catalano nel seno della comunità internazionale, Storia linguistica della Sardegna, uscito nel 1984 per i tipi della Niemeyer di Tubinga, che reca una dedica molto generosa: A su pòpulu sardu), il nuovo volume inaugura una collana della casa editrice Della Torre di Salvatore Fozzi. Obiettivo: offrire strumenti rigorosi di riflessione e di applicazione pratica nell'insegnamento e nelle tecniche di autoapprendimento del sardo e delle discipline collegate alla lingua (storia, antropologia, psicologia, toponomastica, istituzioni medievali, letteratura per l'infanzia, poesia). 

Il titolo del primo volume, Metodi e tecniche di apprendimento e di insegnamento del sardo, racchiude i concetti elaborati all'interno d'un testo ricco e ameno, per taglio discorsivo e ricchezza d'illustrazioni e disegni (curati da Bruno Pittau). Già nella prefazione, firmata da Salvatore Fozzi e Blasco Ferrer, vengono richiamate le esigenze inderogabili d'un lavoro che va compiuto in tempi stretti, per evitare il depauperamento e il declino della lingua etnica, non soltanto presso i giovani. È necessario - dicono gli autori - uscire da una situazione d'impasse, contrassegnata da una parte da anodine discussioni su metalinguaggi e azioni di politica linguistica disordinate e poco efficaci, e dall'altra da una valanga di pubblicazioni sottoscritte da persone con scarsa competenza sia pedagogica che didattica. 

Da anni, ricordano Fozzi e Blasco Ferrer, insegnanti e cultori del sardo chiedono interventi seri in materia, si chiedono quanto sardo nelle classi elementari, medie e superiori si può insegnare, come insegnarlo, quale metodo di valutazione e di approfondimento adoperare. Tutte risposte rimaste vuote, o peggio sanate in fretta da libri (grammatiche e dizionari in particolare) predisposti da pseudolinguisti, che privi appunto di metodi psicolinguistici e glottodidattici propongono ai lettori (bambini e adulti) modelli di apprendimento e d'insegnamento che scarsamente o per nulla valorizzano le capacità di comprensione, produzione o memorizzazione degli eventuali fruitori. 

Sono questi meccanismi appunto, sostiene Blasco Ferrer con argomenti e esempi pratici, che occorreva tenere presenti. Come può aiutare un bambino delle elementari o delle medie, ad esempio, un dizionario che confonde ingenuamente varianti dialettali con voci del glossario (e registra separatamente e con definizioni diverse pètene e tèpene, pettine in logudorese, o fundudu e fungudu, profondo, in campidanese, fra mille esempi caotici), creando nella mente una farragine inimmaginabile? O quale metodo insegue un manualetto d'insegnamento per le scuole che mette insieme strutture semplicissime, somiglianti a quelle che si apprendono in una seconda lingua (ad esempio il saluto), con materiale lessicale riguardante aspetti settoriali, ossia specialistici (l'aratro o il carro o la panificazione)? 

Evidentemente due aspetti fondamentali sono stati totalmente ignorati finora nelle poche pubblicazioni riguardanti l'insegnamento del sardo, aspetti che vengono rigorosamente illustrati da Blasco Ferrer nel testo. In primo luogo, la lingua sarda non va appresa né insegnata senza un metodo preliminarmente accertato in base alle competenze del "discente" o dell'interessato. Vale a dire, si deve appurare se chi impara è di madrelingua sarda (un bambino che sia cresciuto in famiglia con il sardo come lingua costante parlata da un genitore), o altro. Se è di madrelingua, cosa non diffusa, ma neanche rara come tanti pretendono, l'insegnamento dovrà già essere collaudato in modo diverso, e si potrà ad esempio procedere con lezioni in sardo, magari nelle materie più idonee (storia, letteratura). 

Per pochi bambini il sardo risulterà essere una lingua straniera, come può esserlo il tedesco o l'inglese. Questi bambini, nella maggior parte figli di immigrati da altre regioni o da altri paesi, dovranno fruire d'un metodo equivalente a quello delle lingue straniere nel curriculum scolastico. Ma l'aspetto più interessante che emerge dalla lettura del volume di Blasco Ferrer è che la stragrande maggioranza dei bambini sardi appartiene a una terza categoria, disattesa da studiosi e da coloro che hanno preparato materiale didattico: non sono in grado di produrre messaggi in sardo, ma capiscono molto di quanto sentono. Naturalmente, sostiene il linguista catalano, ciò che è particolare nell'Isola è proprio il fatto che la comunità globale sarda mantiene vitale l'uso del sardo in diversi settori della vita privata e pubblica, dai rapporti con i nonni, ai giochi con gli amichetti della scuola, al vicinato. In modo divertente ma rigoroso Blasco Ferrer ci ragguaglia su possibili modi di testare la reale competenza di chi da solo intende apprendere o di chi deve insegnare la lingua a un gruppo di bambini. Il secondo elemento risiede nell'intimo legame fra l'accertamento della competenza linguistica e le tecniche didattiche da applicare. Prelevando molti suggerimenti alla psicolinguistica (il secondo volume della collana, già in cantiere, sarà per l'appunto intitolato Psicolinguistica del sardo), l'autore ci fa vedere come per comprendere o produrre parole, frasi o testi sia necessario procedere con un metodo di riflessione metalinguistica e di memorizzazione. E che tale metodo presuppone obbligatoriamente una articolazione del materiale da acquisire. 

Così, se dobbiamo imparare il lessico, sarà prima necessario articolarlo in campi nozionali (corpo umano, colori, animali ecc.), poi segmentare i campi in aree di frequenza (all'interno del corpo umano, ad esempio, conca, testa, è più facile e «cognitivamente» primario rispetto a suircu, ascella; fra i colori nieddu lo conoscono tutti, musteddinu o sorgolinu in pochi), infine stabilire correlazioni fra le parole selezionate e classificate in liste di graduale difficoltà con i contesti in cui compaiono, in modo tale da creare situazioni discorsive in cui il "discente" ritrova non singoli vocaboli ma intere frasi, della quotidianità o della comunicazione più seletta (segai sa conca: disturbare, rompere; essi conchixedda: essere incapace; nieddu che pighe: nero come la pece). Il lavoro di Blasco Ferrer è una miniera di suggerimenti, già collaudati in corsi di aggiornamenti o in tesi di laurea dirette dal docente, e soprattutto un monito per tutti coloro che d'ora in poi organizzeranno materiale didattico. Un volume ricchissimo di esempi, di cartine, di disegni, di didascalie e di rinvii allestiti per facilitare il controllo delle parole e i riscontri delle plurime sperimentazioni proposte. 


Quando due anni fa fu conferito a Blasco Ferrer dal Rotary internazionale di Cagliari il prestigioso Premio Lamarmora per tutti i lavori prodotti in favore della diffusione della cultura sarda, il professore di Barcelona ricordò nel suo discorso d'investitura che la salvaguardia del sardo non poteva più costituire una fatica singolare di Sìsifo o di Danàidi, ma doveva rappresentare un fatto sociale, un compito che inglobasse tutte le forze culturali della Sardegna. Questo libro è un meritorio tentativo di andare in questa "obbligata" direzione. 

Sergio Naitza




A segus