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24/01/2006 Seberos de imprenta - Il Sassarese – N° 482 – 31 dicembre 2005 

Su ballu de una natzione

de Fabritziu Dettori


Aggabachela in Tatari organizat cursos de ballu sardu 




AGGABACHELA: “ BALLO SARDO PER LA NOSTRA NAZIONE” 
« CON L’ ITALIA NE' CULTURA, NE' LEGAME POLITICO»

Il circolo culturale Aggabachela non è il solito circolo “In dì si bizi e bò” di cui Sassari è invasa, ma è una vera e propria fucina intellettuale nella quale la parola “cultura” non è un termine astratto. Nei suoi locali di Via Diaz 22 a Sassari, infatti, si organizzano mostre d’arte in genere, teatro, presentazioni di libri, convegni, eccetera. Un interesse che si coniuga con culture di etnie “proibite”, ospitando sia i loro gruppi musicali sia i loro rappresentanti politici in meeting internazionali. Per questo dinamismo il circolo è conosciuto a livello internazionale. Ma un’attenzione particolare il circolo Aggabachela la riserva comunque alla cultura sarda. 

Questo si percepisce immediatamente dai murales, arricchiti da massime in limba, che accolgono gli avventori all’ingresso del locale. Una sensibilità che si esplicita anche attraverso serate nelle quali si può ascoltare il suono ancestrale delle Launedhas, dei cantos a cuncordu, o dell’organetto che accompagna i vari ballos sardos. L’impegno “militante” di divulgare la peculiarità culturale sarda è sostenuta inoltre dal progetto “Enide ki iskidi ballare pro lo imparare i ki no l’iskidi pro incomintzare”. Il ballo sardo, connesso agli altri componenti culturali sardi, è, infatti, concepito – ed è su questo che ci soffermeremo – come un elemento oggettivamente rivoluzionario che può portare i sardi a prendere coscienza che la Sardegna è una nazione. Insomma Aggabachela pare rispecchi i principi e i simbolismi di “unione e forza popolare”, propri dell’originale scopo del ballo sardo, e raffigurati dallo stesso popolo sardo nell’iconografia del “Ballu Tundu” di San Pietro di Zuri, basilica innalzata dal sovrano Mariano II° d’Arborea nel 1291. Per capire di più ci siamo rivolti ad Alessandra Ruggiu, studentessa di Romana, responsabile del progetto citato:
Alessandra, puoi spiegarci le finalità e lo scopo di questo corso di “Ballu sardu”.

«E’ una necessità che nasce dal senso di identità e dal tentativo di poter vivere questo tipo di identità attraverso canali “differenti” da quelli che ci vengono proposti dalle istituzioni e da certi canali culturali che non soddisfano appieno quello che può essere l’apporto d’espressione del popolo e dell’identità del popolo. Il ballo sardo si può imparare in diversi modi. Noi stiamo riproponendo il metodo applicato nella festa di paese che si apre “tirandoti dentro” al “ballu” per insegnartelo». 
Per chiarezza: l’“identità culturale”, di cui fai riferimento, è da identificarsi nell’ambito della regione Sardegna oppure della nazione Sardegna?

Il discorso del nostro approccio alla cultura dell’identità sarda è sicuramente legato alla futura liberazione della nazione senza Stato, qual è la Sardegna. Noi non riconosciamo non solo il legame culturale con l’Italia ma neanche il legame politico. La Sardegna ha tutte le peculiarità, ed è dimostrabile, di una nazione». 
Il ballo sardo che s’insegna qui ha lo scopo, quindi, di forgiare militanti?

«No, perché nel ballo, nel canto come nella nostra musica, ma anche nell’arte culinaria e nella stessa lingua, esiste già l’elemento di coesione della nazione sui cui ritrovarsi e, quindi, da lì può nascere – spontaneamente – un discorso politico, dal recupero, all’affinamento e dalla rifrequentazione al proprio modo di essere. Il ballo sardo non deve essere chiuso in sistemi commerciali come purtroppo sono diventate anche splendide espressioni di gruppi folk, basti vedere i balli agli aeroporti, i Mamunthones in estate, eccetera, che snaturano completamente tutti i ritmi di un popolo. Se si recupera, quindi, il vero senso del ballo, s’inizia a sentire anche l’esigenza di essere liberi».

E il folclore? 
« Aggabachela sta proponendo un progetto di ristabilizzazione degli elementi culturali sardi e rifiutiamo, in riferimento a questi, il termine folk». 

Fabritziu Dettori

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