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13/12/2005 Sèberos de imprenta - IL SASSARESE 

Blitz da guerriglia


IL SASSARESE n° 479 - 15 novembre 2005





Lo scenario è apparso subito apocalittico: proiettili inesplosi ed esplosi ovunque, la terra martoriata da voragini gigantesche e la rada vegetazione bruciata. Questa devastazione ha trovato il Commando “Tiloca” (in onore al grande Patriota sardo di Ittiri, scomparso qualche hanno fa), composto da militanti di Sardigna Nazione Indipendentzia e da una rappresentanza del Movimentu Patrioticu Sardu, che il 23 ottobre scorso ha violato l’interdizione militare di Cala Zafferanu a Teulada. La fermezza e disciplina con la quale hanno agito i militanti nazionalisti per portare a buon fine il blitz da “guerriglia”, se pur pacifica, è stata decisiva per liberare simbolicamente il proprio territorio nazionale e rivendicare con vigore su questo, la sovranità del Popolo Sardo. E ci sono riusciti utilizzando le sole armi che possedevano: la passione dell’ideale indipendentista e le bandiere dei rispettivi movimenti, veri e propri simboli di libertà. Le squadre, nelle quali ogni militante aveva un compito ben preciso, hanno realizzato perfettamente gli intenti dell’operazione. Ma partiamo dal principio. Psicologicamente l’ “attacco” ha inizio dal momento in cui ognuno parte dalle rispettive località per raggiungere puntuali Porto Budello, dal quale si dovrà partire per raggiungere, dopo poche miglia, la destinazione di Punta Tonnara. Sono le 10,30, appena il tempo di salire a bordo di due gommoni e le squadre sono pronte. Il tempo è buono. Sono le 10,40; i gommoni oltrepassano la torre di guardia militare: l’allarme è partito da entrambe le parti. La motovedetta delle forze dell’ordine, o della guardia costiera, potrebbe arrivare a minuti. In questo caso il secondo gommone ha il compito di intervenire diversificando l’operazione, ponendosi dinnanzi alla motovedetta militare, affinché il primo gommone raggiunga la meta “a tutti i costi”. Il viaggio è invece tranquillo, nessuno disturba i militanti nazionalisti, che sbarcano in dodici alle 10,55. Pochi minuti e uno striscione gigante (dieci metri per quattro), nel quale campeggia il “grido”: «Invasores A foras ! », è ancorato al suolo tra le numerose bandiere del movimento di Bustianu Cumpostu. Inalberate le Bandire dei Quattro Mori e quella dell’Albero Verde Diradicato, Cumpostu ha il tempo di ruggire in una breve, ma ferma, arringa in limba le ragioni del Popolo Sardo. Le sue sono parole rivolte, in una forte carica spirituale e politica, innanzitutto, alla sua Madre, figlia e sposa Sardegna. Appena il tempo di un concorde e unanime «A fora s’Italia dae domo nostra!» e si riparte, sono le 11,15. Poco distante proseguono le esercitazioni a terra dei militari ignari di quello che è successo nel promontorio di Cala Zafferanu. Ad attendere la truppa, un quarto d’ora dopo, i carabinieri, che numerosi, chiedono i documenti. Questa azione militante è servita per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica, affinché si sensibilizzi e acquisisca coscienza dell’enorme danno che le basi militari arrecano sotto svariati profili: dall’economia, alla salute, alla politica. La manifestazione aveva altresì l’obbiettivo di stimolare i sardi ad inserirsi in siffatte forme di lotta, al fine di strappare la Sardegna dal sequestro di cui è prigioniera. 

Fabritziu Dettori 

A segus