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13/12/2005 Ateras minorias - Ladinos/2

Ladinos: divide et impera 


fonte: http://www.altabadia.it/ladins/1g.htm

I LADINI DAL 1946 AL 1996: 
L´ASPIRAZIONE ALL´UNITÀ
di Giuseppe Richebuono



Antefatti. L´iniqua tripartizione.

I Ladini delle Dolomiti, cioé gli abitanti originari delle cinque valli di Gardena, Badia con Marebbe, Fassa con Moena, Livinallongo con Colle Santa Lucia, e di Ampezzo con Cortina, tutte facenti parte dell´Austria fino al 1918, si consideravano da secoli un piccolo popolo a sé stante. Al dilagare del nazionalismo la Union di Ladins, fondata ad Innsbruck nel 1905, nel suo statuto si propose come scopo la unificazione anche politica ed amministrativa dei Ladini, poiché essi formavano nel Tirolo un gruppo etnico e linguistico distinto da quello italiano e tedesco.

Nel calendario ladino del 1912 troviamo l´affermazione: "Gherdeina, Fascians, Badioc, Fedomes y Ampezans tucon adum ... y gà ch´on una rujneda, messons neus Ladins tenì adum; po pudons nce pertender d´unì cumpedèi psunder tel Tirol ... Tenion no cui taliani, no dai tudesc y deguni ne pudarà nes to la rejon de vester neus na nazion per sé" (Noi delle valli Gardena, Fassa, Badia, Livinallongo ed Ampezzo formiamo un´unitá ... siccome parliamo la stessa lingua, dobbiamo sentirci uniti, cosí possiamo anche esigere di essere trattati distintamente nel Tirolo ... Se non ci associamo né ai tedeschi né agli italiani, nessuno puó prenderci il diritto di formare una nazione a sé stante).

Nel trattato di pace con cui il Sudtirolo fu annesso all´Italia, i Ladini non vennero neppure nominati, ma rimasero per intanto tutti nella regione Trentino. A Cortina un "circolo patriottico" propose il passaggio del paese alla provincia di Belluno; allora il Consiglio Comunale chiese con delibera del 29 ottobre 1919 che Ampezzo restasse unita al Sudtirolo (19 consiglieri favorevoli su 20; la delibera fu ribadita il 17 novembre e poi il 12 aprile ed il 2 giugno 1920). Analoghe delibere furono fatte anche da tutti i Comuni delle cinque valli.

Il 5 maggio 1920 si radunarono al Passo Gardena rappresentanti delle cinque valli ladine dell´ex Tirolo per protestare contro il diniego dell´autodecisione e chiedere il riconoscimento di gruppo etnico distinto; apparve la bandiera ladina a strisce orizzontali in celeste, bianco, verde.

Dapprima sembrava che il governo volesse ascoltare le loro richieste; nel censimento del 1° dicembre 1921 gli abitanti poterono dichiararsi ladini. Ma poco dopo presero il potere i fascisti (marcia su Roma: 28 ottobre 1922) ed uno dei loro primi provvedimenti fu quello del 21 gennaio 1923 col quale staccarono i Comuni di Ampezzo, Livinallongo e Colle Santa Lucia dal Sudtirolo per aggregarli alla provincia di Belluno, col chiaro scopo di italianizzarli piú facilmente, ed a nulla valsero tutte le proteste della popolazione. Nel gennaio del 1927 fu creata la provincia di Bolzano, ma i Fassani furono assegnati alla provincia di Trento. In tal modo la dittatura fascista impose iniquamente lo smembramento del popolo ladino in tre monconi; tragico é il fatto che la tripartizione permane tuttora, che il governo italiano non ha mai riparato a tale ingiustizia.

I Ladini tuttavia non si lasciarono snazionalizzare, cosicché nel 1939 non solo gli abitanti di Gardena e Badia, ma pure quelli di Ampezzo, Livinallongo e Colle Santa Lucia furono dichiarati "alloglotti ed allògeni", cioé di lingua ed etnia diversa da quella italiana. Lo spettro della deportazione, che sarebbe equivalsa al genocidio, si dileguó nel settembre del 1943, quando i germanici invasero l´Italia e riunirono i Comuni di Ampezzo, Livinallongo e Colle Santa Lucia alla provincia di Bolzano, con soddisfazione degli abitanti.

Ma all´arrivo delle truppe americane nel maggio 1945 i Comitati di Liberazione Nazionale convinsero gli Alleati ad annullare il provvedimento dei germanici ed a ripristinare la situazione d´anteguerra. A nulla valsero le petizioni, i memorandum, le grandi e numerose manifestazioni popolari, le raccolte di firme sia dei Ladini tornati sotto Belluno sia dei Fassani, che pure chiedevano di passare con Bolzano.


L´entusiasmo del 1946.

Finita la dittatura nazifascista, anche i Ladini erano fiduciosi; speravano di seguire il destino dei sudtirolesi, che avevano aderito subito compatti alla Volkspartei, tornando sotto l´Austria; o supponevano che l´Italia democratica avrebbe almeno rimediato all´iniqua tripartizione e sentito le loro ragioni, garantendo loro una vasta autonomia.


Giá nel 1945 era nata a Cortina la Unione Popolare Ampezzana ed a Merano la Union Culturela di Ladins del Prof. Max Tosi; il 12 maggio Guido Iori Rocia di Penía distribuí in tutta Fassa ed anche nelle altre valli volantini bilingui su cui si leggeva fra l´altro: "Siamo cinque meravigliose vallate ... abbiamo delle enormi possibilitá di sviluppo ... Riuniamoci, Ladini, in un unico gruppo! (piú chiaro il testo tedesco: Bilden wir einen kleinen ladinischen Bundeskanton!) L´unione fa la forza; uniti potremo chiedere una nostra libera amministrazione ..." e fondó la Lega Ladina Indipendente delle Dolomiti.

Dalla fusione della Lega di Iori con la Unione Ampezzana nacque il 15 giugno 1946 al Passo Gardena il movimento politico "Zent Ladina Dolomites" strettamente legato alla Volkspartei. Il comitato direttivo, in cui predominavano gli Ampezzani ed i Fassani, chiedeva al governo fra l´altro il ricongiungimento delle valli separate con la provincia di Bolzano, il riconoscimento ufficiale del terzo gruppo etnico, parificazione della lingua ladina a quella italiana e tedesca, l´insegnamento del ladino negli asili e nelle scuole, amministrazione autonoma, una propria pretura ambulante, il ripristino della toponomastica, rappresentanza nel governo regionale ed al parlamento, ecc. Nel proclama del 18 giugno 1946 Guido Jori proponeva fra l´altro "un organismo autonomo retto ed amministrato da noi Ladini", cioé praticamente, come poi precisó in seguito, una specie di provincia ladina autonoma.


Il movimento ebbe subito un grande successo; le adesioni giunsero a migliaia ed appena un mese dopo la fondazione si ebbe una splendida prova della rinata coscienza ladina. Il 14 luglio 1946 oltre 3000 Ladini di tutte le valli, in gran parte nei loro bei costumi tradizionali, si radunarono al Passo Sella con bande e bandiere per una storica manifestazione, traboccante di entusiasmo. Dopo la messa, nei discorsi del presidente dott. Sisto Ghedina di Cortina e del vicepresidente Guido Jori Rocia di Penía e nel comunicato si chiedeva:

1. riconoscimento ufficiale come Gruppo Etnico Ladino delle Dolomiti;
2. riunione dei Ladini sotto Belluno e Trento nella provincia di Bolzano;
3. circoscrizione elettorale ladina;
4. amministrazione ladina;
5. riconoscimento ufficiale della lingua ladina;
6. asili, scuole, libri e giornali ladini;
7. rispetto dei costumi, delle tradizioni, delle feste;
8. una pretura circolante ladina;
9. un ente turistico ladino, un consorzio per il commercio;
10. protezione della migrazione ladina;
11. trasmissioni radio ladine;
12. ripristino delle toponomastica ladina.

I partecipanti tornarono a casa pieni di fiducia e di buone speranze. Il giorno seguente Guido Jori invió un telegramma al Presidente del Consiglio Degasperi ripetendo le 12 richieste appena viste "di oltre 3000 Ladini convenuti al Passo Sella ... sollecitando caldamente referendum per Ampezzo, Livinallongo, Fassa e Ladini di Fiemme, che vogliono unirsi alle vallate di Badia e Gardena sotto la provincia di Bolzano. Il nostro movimento non ha alcun carattere separatista o tendenze austriacanti, ma vuole unicamente riunire tutti i Ladini delle Dolomiti ... e tutelarne la lingua, la cultura, le tradizioni, gli interessi".

Per maggior sicurezza la Zent Ladina invió il 18 luglio un memorandum anche alla Conferenza della Pace a Parigi; i capi ampezzani, appoggiati dal compaesano dott. Luigi Pompanin vicario generale del vescovo di Bressanone, ebbero contatti con Roma, Parigi, Vienna, Innsbruck, Bolzano, prodigandosi per ottenere assicurazioni e promesse che facevano ben sperare.


Il disinganno del 1947 e 1948.

Ma il governo italiano purtroppo si dimostró non meno dispotico di quello fascista e deluse le giuste aspettative dei Ladini. Il presidente del Consiglio Alcide Degasperi non rispose neppure al telegramma di Jori: per lui i Ladini erano italiani e basta (come aveva affermato a Roma nel discorso alla Consulta Nazionale il 21 gennaio 1946) e la Zent Ladina era composta di "austriacanti". A tal riguardo non aveva tutti i torti; Jori, come si deduce dal telegramma, non aveva tali tendenze; ma i capi ampezzani (con mons. Pompanin) vagheggiavano effettivamente un ritorno all´Austria insieme ai sudtirolesi.

Sembra che l´esclusione dei Ladini rimasti sotto Belluno dal territorio del Sudtirolo sia stata per Degasperi la "conditio sine qua non" per la concessione dell´autonomia e che minacciasse di troncare ogni trattativa, se l´Austria non avesse ceduto su questo punto.

Come mai i politici erano (e sono tuttora) cosí ferocemente contrari alla riunificazione dei Ladini sotto Bolzano? La risposta la fecero capire i ministri Degasperi e Taviani e l´ambasciatore Carandini e la espresse chiaramente il Comitato di Liberazione Nazionale di Cortina: i sudtirolesi non abbandoneranno mai la tendenza a tornare con l´Austria; facendo un passo dopo l´altro, probabilmente col tempo ci riusciranno. Quindi é importante che Ampezzo (e Fassa) non facciano parte della provincia di Bolzano; cosí le perle delle Dolomiti (vacche grasse del turismo) rimarranno in ogni caso sotto l´Italia.

Nell´accordo di Parigi del 5 settembre 1946 i Ladini non vennero neppure nominati e ció costituí davvero un affronto ed una grave ingiustizia per il terzo gruppo etnico e linguistico, dato che il trattato doveva tutelare tutte "le minoranze".

Benché amareggiati e demoralizzati, i Ladini non si rassegnarono e fecero di tutto per essere riconsciuti e tutelati dallo Statuto di Autonomia e farvi includere anche le valli separate. Inizió un carosello su cui qui non voglio dilungarmi; basti dire che i progetti e controprogetti elaborati furono almeno una dozzina! In quasi tutti si teneva conto, ove piú ove meno, anche dei Ladini. Alla fine Degasperi, per troncare ogni discussione (democratica), nominó la "Commissione dei Sette" dalla quale erano esclusi tanto i sudtirolesi quanto i trentini. Essa compiló uno statuto che in regione ebbe un generale giudizio negativo, ma tuttavia fu approvato dalla Assemblea Costituente il 31 gennaio 1948, bocciando la proposta dell´onorevole Carbonari che richiamava alla necessitá di indire un referendum per la riannessione a Bolzano dei Comuni sotto Belluno, e fu imposto dal governo centrale.

Nel frattempo la Zent Ladina, che in breve aveva raggiunto i 10.000 iscritti, si era adoperata per un anno intero per ottenere appoggi e riconoscimenti. Ma perduta ogni speranza di riunione all´Austria (il 24 giugno 1946 gli Alleati avevano respinto ogni cambiamento del confine Nord perché l´Austria non era con la NATO) e di ogni prospettiva di riunione alla provincia di Bolzano per l´ostinato ostruzionismo della Democrazia Cristiana, i capi, che "ebbero rogne a non finire", minacce, perquisizioni domiciliari ecc., purtroppo ritennero inutile proseguire l´impari lotta e sciolsero il promettente movimento politico ladino il 16 novembre 1947, anche per le divergenze di opinioni fra gli Ampezzani e Jori e la mancata adesione di Gardenesi e Badioti, che temevano di compromettere la loro posizione privilegiata.

Constatata l´impossibilitá di tornare con Bolzano, la Giunta Comunale di Cortina in data 19 luglio e 28 novembre 1947 e poi di nuovo i Comuni di Ampezzo, Livinallongo e Colle Santa Lucia il 13 gennaio 1948 chiesero di essere annessi alla provincia di Trento, per poter far parte della Regione Autonoma, "per la difesa del loro carattere ladino, cancellando il provvedimento che fascisticamente li aveva aggregati alla provincia di Belluno".

Il primo gennaio 1948 era entrata in vigore la nuova Costituzione Italiana, che all´articolo 3 garantiva l´uguaglianza di tutti i cittadini ed all´articolo 6 imponeva la tutela delle minoranze linguistiche. Ma Roma, invece che mettere in pratica i due articoli, restó irremovibile e non concesse ai Ladini separati neppure il passaggio a Trento, sancendo ancora una volta la funesta tripartizione!

Il primo Statuto di autonomia, legge costituzionale del 26 gennaio 1948, fu uno schiaffo per i Ladini. Vi erano nominati nel solo articolo 87 che garantiva l´insegnamento del ladino nelle scuole elementari; in provincia di Trento non venne applicato nemmeno quello; un vero disastro. Sciolta la Zent Ladina, cominció pure il deleterio spezzettamento dei Ladini fra i vari partiti, a tutto danno della coscienza nazionale e dell´unitá del piccolo popolo.


Dal primo al secondo statuto di autonomia.

Nella commissione che elaborava le norme di attuazione del primo statuto di autonomia i membri italiani Facchin, Dolzani, tomasi e Menestrina proposero addirittura di scrivere che i Ladini facevano parte del gruppo linguistico italiano;


per le vibrate proteste dei tre membri tedeschi Raffeiner, von Breitenberg e Ferrari e le forti critiche del "Dolomiten", finalmente l´articolo 69 delle norme di attuazione (entrate in vigore con decreto del 30 giugno 1951) suonava: "I gruppi lingiustici della provincia di Bolzano considerati nello statuto sono l´italiano, il ladino ed il tedesco". Ma quel "Bolzano" escludeva nuovamente i Ladini sotto Trento e sotto Belluno dalle giá misere norme di tutela e sanciva la tripartizione.

Per ovviare alla mancata riunificazione amministrativa delle cinque valli, si cercó allora di potenziare la volontaria "Union Generela di Ladins dla Dolomites", sviluppatasi stentatamente dalla Union Culturela di Merano. Vi aderirono soprattutto intellettuali ed idealisti, che si dedicarono allo studio ed all´arricchimento della lingua e cultura ladina, favorendo la coesione fra le cinque valli. La Generela impersonó l´idea ladina e non cessó mai di tenere all´unitá del piccolo popolo; non le riuscií peró di raccogliere attorno a sé l´intera popolazione e di imporsi nella vita pubblica, perché all´inizio si sospettó che fosse appoggiata dai partiti italiani. Tuttavia la Generela acquistó grandi ed indiscussi meriti, essendo l´unica associazione culturale comprendente e rappresentante tutti i Ladini, l´unico anello di congiunzione fra i fratelli riconosciuti e quelli separati.

I promemoria mandati a Roma dalla Generela rimasero senza effetto; tuttavia le sue realizzazioni furono notevoli; cito qui per brevitá solo la costruzione della "Cesa di Ladins" di Ortisei, inaugurata nel 1954, e (fino al 1972) ben sei congressi interladini a cui parteciparono e Retoromanci del Cantone dei Grigioni in Svizzera ed i Friulani. Il sostegno morale dei "parenti ladini" ed il proficuo scambio di idee diede notevole impulso alle iniziative della Generela, che organizzó pure (fino al 1969) sei "giornate culturali" aperte naturalmente a tutte le valli.

Le Olimpiadi Invernali del 1956 realizzate a Cortina furono deleterie per la ladinitá di Ampezzo a causa dell´afflusso esagerato di immigrati, dell´abbandono delle attivitá agricole, della "svendita del territorio"; da allora gli Ampezzani originari (ladini) si sono visti ridotti ad una minoranza (40%) nel loro stesso paese!

Livinallongo e Colle Santa Lucia facevano parte della diocesi di Bressanone da un millennio; perció fu un fulmine a ciel sereno la (non necessaria) cessione delle loro parrocchie, insieme a quella di Ampezzo, alla diocesi di Belluno nel 1964. La popolazione era costernata per aver perso l´ultimo legame col Sudtirolo; ora i Ladini, giá smembrati in tre province, erano divisi anche ecclesiasticamente, facendo parte di tre diocesi diverse (Fassa con Trento, Badia e Gardena sotto Bressanone). Per tutta risposta sia Livinallongo (con due delibere del Comune) sia Ampezzo chiesero ancora una volta di poter tornare con il Sudtirolo (1964).

Il 27 giugno 1956 Guido Jori fondó a Canazei il Movimento Politico Ladino; nel programma, insieme alle solite richieste, si leggeva: "Riunire le cinque valli in una Provincia Autonoma Ladina delle Dolomiti" e nel commento: "Riuniti in una Provincia propria, i Ladini avranno ancora probabilitá di sopravvivere e di conservare lingua, cultura, tradizioni, consuetudini e folclore; divisi, sono destinati alla lenta e graduale estinzione".

Qui é doveroso rendere omaggio a Guido Jori (morto nel 1987), che dedicó tutta la sua vita e tutte le sue energie alla causa ladina; per ben 27 anni stampó "Il Postiglione" per informare il pubblico e per scuotere dal torpore i suoi conterranei con articoli dai titoli drammatici (Il calvario dei Ladini, Tragedia ladina, Il Genocidio dei Ladini, ecc.). Per il suo carattere irruento e polemico fu un personaggio scomodo e discusso, ma aveva le idee chiare sul fine da raggiungere con ogni mezzo: l´unitá e l´autonomia dei Ladini. Nel 1972 pubblicó la "Protesta del popolo ladino delle Dolomiti" denunciando le discriminazioni ed il "colonialismo" subiti dai Ladini, ma senza ottenere nulla. La figura di Jori impersona la tragedia ladina.

In seguito alle pressioni internazionali (ricorso dell´Austria all´ONU), agli attentati dinamitardi del 1960/61, alle manifestazioni, ma anche grazie alla compattezza del gruppo tedesco, nel 1972 si giunse finalmente al secondo Statuto di Autonomia. Se ogni valle sudtirolese avesse agito separatamente, se per esempio i pusteresi avessero respinto come non DOC gli abitanti della Bassa Atesina o preteso il riconoscimento dei dialetti, se i tedeschi fossero stati frazionati in molte tendenze o si fossero affidati a partiti "esterni", probabilmente non avrebbero ottenuto granché. Ma mettendo da parte le divergenze e raccogliendosi tutti in un unico partito proprio, si fecero valere.

Se i Ladini avessero seguito il loro esempio, non sarebbero rimasti ignorati. Ma senza appoggi internazionali, senza un proprio partito, senza una guida prestigiosa, aspettando la pappa fatta ecc., sprecarono quella occasione. Il "Pacchetto" migliorava decisamente la situazione dei Gardenesi e dei Badioti, rientranti per ragioni geografiche entro la provincia di Bolzano, ma confermava l´iniqua tripartizione; fra i Ladini esclusi dalla tutela serpeggiarono indignazione, frustrazione, sensazione di tradimento.


Altri tentativi dei "fratelli separati".

Di fronte al sopruso del diverso trattamento nella medesima regione, nel 1972 i Fassani insorsero compatti; tutti i Comuni deliberarono il "Los von Trient" ed il passaggio alla provincia di Bolzano, per ottenere i vantaggi del "Pacchetto". 


Nonstante questo plebiscito, accolto con giubilo dall´intera popolazione, nel Consiglio Regionale i trentini la spuntarono ancora una volta perché l´atteggiamento della Volkspartei fu ambiguo; essa voleva evitare un conflitto con la DC ed evitare in provincia di Bolzano un aumento della popolazione ladina, che avrebbe fatto diminuire, quantunque di ben poco, la schiacciante superioritá del gruppo tedesco. Guido Jori parló di un presunto "patto segreto Odorizzi-von Guggenberg" mediante il quale SVP e DC si sarebbero spartita la regione e imputó la sconfitta anche al fatto che i Fassani votavano in maggioranza DC.


Allora il primo ottobre 1973 si costituí in Fassa il "Grup Pulitich Ladin", che prese contatti con le altre valli trovando aderenti specialmente in Val Badia (dott. Lois Craffonara) ed a Livinallongo (Pietro Gabrielli). Ma "i due partiti che detenevano il potere in regione temevano il risveglio di una coscienza nazionale ladina ... tendente ad una progressiva affrancazione, che avrebbe potuto significare una riduzione del loro influsso politico in Badia, Gardena e Fassa ... né la DC veneta intendeva rinunciare ai suoi vasti interessi a Livinallongo e Cortina". Quindi i partiti impiegarono tutto il loro strapotere per soffocare il nuovo movimento politico ladino, che poté presentarsi alle elezioni del novembre 1973 solo in Val di Fassa, raccogliendo circa un quarto dei voti.


In seguito a quella affermazione la DC trentina dovette concedere (nel 1977) il "Comprensorio Ladino Fassa-Moena". Fu un bel successo, completato dalla legge provinciale del 29 luglio 1976 che stabilisce: "I Comuni della provincia di Trento in cui si parla il ladino sono: Campitello, Canazei, Mazzin, Moena, Pozza, Soraga e Vigo di Fassa". Questo é un riconoscimento del principio fondamentale della territorialitá, che andrebbe fatto anche per tutti i Comuni ladini, onde evitare l´inforestamento e l´assorbimento da parte dei gruppi maggioritari.


Anche il Comune di Livinallongo chiese nuovamente nel 1973 e poi nel 1974 il passaggio a Bolzano, nel congresso tenuto ivi dalla AIDLCM (Associazione internazionale per la difesa delle lingue e culture minacciate) che aveva rilevato la situazione tragica dei Ladini in quella valle. La Union Generela partecipó ai congressi della AIDLCM di Alghero in Sardegna, di Bressanone, di Chatillon in Val d´Aosta, di Sappada, di Roma e si rivolse anche al FUEV (Föderalistische Union Europäischer Volksgruppen); ma ambedue le associazioni non hanno purtroppo peso politico sufficiente per poter far promulgare nuove leggi di tutela efficace dai vari governi centralistici, che continuano ad ignorare i Ladini, una "entitá trascurabile" di nemmeno 50.000 abitanti.


I nuovi Istituti Culturali Ladini (a Vigo di Fassa per la provincia di Trento, 1975 ed a San Martino in Badia per la provincia di Bolzano, 1976) hanno sempre tenuto conto nella loro meritevole attivitá e nelle loro pubblicazioni di tutte le cinque valli; a Vigo si tenne giá nel 1976 un importante Convegno Interdisciplinare su "L´entitá ladina dolomitica" che naturalmente auspicó la riunificazione; Renzo Gubert propose quale primo passo "qualche forma di unitá amministrativa di tutta l´area ladina ... un comprensorio interregionale ladino"; l´idea restó senza seguito.


Nel 1979 ebbe luogo a Moena un incontro-dibattito sulle "Prospettive per l´unificazione delle valli ladine", interessantissimo specialmente per la relazione del noto giurista Prof. Alessandro Pizzorusso. L´ideale sarebbe evidentemente la costituzione di una entitá territoriale autonoma ladina; "anche se al momento essa sembra un´utopia, resta un obiettivo ideale, un programma su cui dovrá basarsi la sopravvivenza del piccolo popolo". Rilevate le grosse difficoltá che le leggi vigenti oppongono al mutamento dei confini provinciali, Pizzorusso propose due ipotesi piú realistiche per avviare la riunificazione: una associazione fra i Comuni o un comprensorio linguistico interprovinciale. Tutte queste belle idee rimasero come al solito sulla carta sia per l´ostruzionismo della politica sia per la purtroppo aumentata diffidenza e disunione fra i Ladini stessi.

Il Prof. Belardi spiega che "la Ladinia é stata da secoli oggetto di mire politiche espansionistiche o comunque di potere"; che sono in ballo grossi interessi politico-economici, che esistono "pressioni pesanti che mirano a conservare spartizione e lottizzazione del potere". Per altri ancora "la necessitá di ottenere licenze, finanziamenti e contributi induce molti a legarsi con ambienti economici e politici estranei, a forze di sottogoverno che favoriscono intenzionalmente la divisione fra le valli ladine e la loro snazionalizzazione".


Gli sviluppi piú recenti.

Nel 1975 uscí il libro di Sergio Salvi "Le lingue tagliate", che definisce la tripartizione della piccola Ladinia "una pagina molto oscura della democrazia italiana ... testimonia la scarsa lealtá del nuovo Stato italiano verso i suoi cittadini". L´anno seguente apparve il libro di Gianpaolo Sabbatini "I Ladini. Come é nato e come si estingue un popolo", il cui titolo parla chiaro, che riproponeva la provincia ladina; ma come al solito i politici ignorarono imperterriti i due volumi.


Nel 1978 fu fondata la "Comunanza ladina a Bulsan", associazione culturale che raccoglietutti i Ladini delle cinque valli e tiene la porta aperta anche a Friulani e Nonesi, per aiutarli a mantenere la propria identitá. L´esperienza di Bolzano dimostra che tutti i Ladini si capiscono senza gran difficoltá fra di loro e sentono l´esigenza dell´unitá. Nel 1980 la Comunanza organizzó un congresso interladino, che tornó a chiedere la paritá di diritti civili e politici per tutti i Ladini.

Nel 1981 un documento della Union Generela giunse fino al Parlamento Europeo ed al Presidente della Repubblica e fu letto alla Camera dei Deputati: vi si denunciava il reale pericolo di estinzione della lingua e cultura ladina; ma tutto restó invariato.

Nel 1983 i Fassani tornarono a riesumare il loro movimento politico, dandogli il nome di "Unione Autonomista Ladina", aperta anche alle altre valli, il cui dinamito presidente dott. Ezio Anesi, eletto al Consiglio provinciale di Trento e nel 1992 al Senato a Roma, avrebbe potuto far molto per i Ladini, se la sua vita non fosse stata stroncata prematuramente (1993). Una delle sfortune dei Ladini é stata sempre quella di non aver avuto un capo carismatico, una guida riconosciuta da tutte le valli ed influente a livello superprovinciale e nazionale, capace di prendere in mano saldamente le redini del piccolo popolo. Un comitato interprovinciale promosso da Anesi si arenó sul nascere e perció non combinó nulla. Anche alcune riunioni dei sindaci dei Comuni ladini, promosse recentemente dal sindaco di La Valle, non hanno dato finora i frutti sperati.

Nel 1984 si tenne a Cortina una giornata culturale sulla riunificazione delle cinque valli; ma nemmeno l´appassionato appello del Prof. Richebuono ottenne risultati pratici. I suoi numerosi articoli (dal 1982 al 1992) sul quotidiano "Dolomiten" e le sue relazioni (anche in presenza del dott. Magnago) per far capire la tragica situazione dei Ladini sotto Belluno, non ebbero nessuna eco. Il 1985, dichiarato "Anno dei Ladini", vide numerose manifestazioni culturali e folcloristiche, ma ottenne ben poco di concreto; le molte promesse rimasero come al solito sulla carta e passarono presto nel dimenticatoio dei politici; l´unificazione non registró nessun progresso.

Nel 1988 iniziarono studi concreti (incarico dei due Istituti Culturali al Prof. Heinrich Schmid di Zurigo, ideatore del Rumantsch Grischun) per la creazione di una lingua unificata, da usare solo per iscritto nei documenti pubblici (leggi, comunicati, etichette, istruzioni per l´uso, pubblicitá, ecc.) per evitare la loro stesura in varianti assai simili (una o piú per ogni valle). L´iniziativa, indispensabile per un popolo dell´era attuale e che favorisce la crescita della coscienza dell´unitá linguistico-culturale dei Ladini, incontró l´ostilitá sia dei politici sia di parecchi ladini stessi, disinformati sulle effettive finalitá del progetto

Preoccupati per il degrado progressivo della loro lingua ed identitá, gli Ampezzani tornarono nel 1991 a ventilare l´idea di indire un referendum per ottenere il passaggio al Sudtirolo, suscitando un vespaio e le ire della Regione Veneto. In conseguenza della proposta ampezzana si fece un sondaggio d´opinione a Livinallongo, per vedere se i "Fodomi" erano favorevoli o no alla estensione del referendum alla loro valle. La fretta, la mancanza di adeguata informazione sullo scopo, lo sconcerto di molti che credevano di dover subito decidere se cambiare provincia o no, la strumentalizzazione da parte della stampa, l´ostilitá di parte del clero causó il 54% di risposte negative.

Per ovviarvi si tenne in forma privata un secondo sondaggio d´opinione, molto articolato (14 quesiti), alla fine del 1993. L´elaborazione dei dati ha rivelato fra l´altro che il giudizio sulla Regione Veneto e sullo Stato é negativo; che l´insoddisfazione attuale é generale; si vuole un cambiamento ed una forma di autonomia che tuteli l´identitá ladina della valle. Circa il 23% degli abitanti vorrebbe una provincia autonoma ladina; il 15% il passaggio alla provincia di Bolzano; il 17% una provincia autonoma bellunese; il 40% che la Regione Veneto riconosca i Ladini e le loro esigenze. Forse i "Fodomi" hanno ritenuto inutile bussare ancora alla porta di Bolzano, sbattuta loro in faccia giá molte volte; forse hanno capito che sia sotto Belluno sia sotto Bolzano la musica essenzialmente non cambia: in ambedue le province i Ladini non sono padrini in casa propria, ma alla mercé del gruppo maggioritario, e restano una esigua minoranza discriminata.

Alle elezioni del Sudtirolo del 1993 si presentó coraggiosamente la lista indipendente "Ladins"; benché fortemente osteggiata dai partiti dominanti, essa riuscí a far eleggere un proprio rappresentante nel Consiglio Provinciale. Ma le iniziative del dott. Carlo Willeit sono state spesso boicottate dai partiti maggioritari che, per i problemi dei Ladini, eludono talvolta la mediazione del dott. Willeit rivolgendosi direttamente ai sindaci di Gardena e Badia.

Nel 1994, alla presentazione del libro "Guido Jori de Rocia e la grande utopia della unitá ladina" il Prof. Calí di Trento ha proposto quale soluzione alternativa la creazione di una Regione Dolomitica autonoma che comprenda le tre province di Trento, Bolzano e Belluno.

Conclusioni.

Lo Stato italiano non ha mai applicato per i Ladini l´articolo 6 della Costituzione ( n.d.r fino all'approvazine della 482/99) 

Mentre nel 1523 Carlo V ingiungeva al suo rappresentante "di non aggravare e di non opprimere i nostri sudditi di Ampezzo, ma di lasciarli nelle loro libertá e buone e vecchie consuetudini e tradizioni", lo Stato italiano 450 anni dopo non riconosce e non tutela ancora i Ladini di Ampezzo, Livinallongo, Colle Santa Lucia.
I Ladini non hanno nessuno Stato che li sostenga, nessuna "Schutzmacht" (potenza garante) a cui rivolgersi; non hanno un partito ladino unico e quindi non possono fare politica in proprio; non hanno nessuno che curi la Ladinia nella sua globalitá.

Nel 1989 é caduto persino il muro di Berlino, ma il muro che separa i Ladini no; essi sono tuttora smembrati in due regioni, in tre province, in tre diocesi. 

Per di piú sono trattati in maniera diversa ed abbiamo quindi ora Ladini di serie A discretamente tutelati (Gardenesi e Badioti), Ladini di serie B con minori diritti (Fassani) e Ladini di serie C, privi di qualsiasi tutela (Ampezzani, Fodomi, Collesi), distinzione discriminante ed offensiva; inoltre i Ladini sono frazionati in molti partiti "foresti" e si trovano in umiliante dipendenza dalle elemosine elargite dalle province.

In proposito il Prof. Belardi fa notare che i governi provinciali concedono ai Ladini sovvenzioni per attivitá "di carattere culturale-formativo"; tale disposizione legislativa "consente ai Ladini di parlare e scrivere, purché essi non pensino e non scrivano su argomenti politici ... Questa é una forma superstite di schiavitú mentale, un contratto-capestro ... In tal modo la Ladinia deve sottomettersi alla ideologia di partiti maggioritari allocentrici, nella cui finalitá politica non si collocano certo le sorti della Ladinia".
Le ripetute delibere dei Comuni, i memorandum, le continue richieste di referendum ecc. non hanno ottenuto nulla; "negli ultimi 50 anni il processo di disintegrazione della Ladinia é andato avanti"; la forza centrifuga sembra prendere il sopravvento sulla forza centripeta. Alla benemerita "Generela" mancano i fondi necessari per lanciare iniziative prestigiose.

Gardenesi e Badioti non sono piú bravi o piú ladini degli altri; si sono rafforzati notevolmente, perché per loro fortuna beneficiano dal 1972 dei vantaggi del "pacchetto". E´ molto triste constatare che alcuni di loro, egoisticamente contenti della loro situazione privilegiata, sono contrari all´ingresso dei fratelli separati in un´entitá comune e presuntuosamente non li ritengono ormai piú ladini DOC.

I massmedia sommergono gli adulti e specialmente i bambini ed i giovani ladini con pubblicazioni in italiano ed in tedesco, con trasmissioni radiofoniche e televisive di ogni genere 24 ore su 24 in tedesco ed in italiano, mentre la RAI di Bolzano trasmette in ladino alla radio 45 minuti al giorno ed all TV mezz´ora in settimana (!); l´unico giornale in ladino "La Usc di Ladins" esce settimanalmente ed ha una tiratura molto limitata. Per avere libri di ogni genere (per scuola e per lettura) a buon prezzo, i Tedeschi e gli Italiani non devono fare altro che ordinarli, fra una scelta enorme; i Ladini devono compilarsi da soli i propri libri, con grande fatica e con spesa molto superiore per le poche copie necessarie.

I Ladini delle cinque valli sono al massimo 35.000; le presenze dei turisti di ogni nazionalitá raggiungono annualmente quasi i nove milioni e costringono gli originari a parlare continuamente lingue "estere". La svendita del territorio e di seconde case ai "signori" ha assunto proporzioni preoccupanti. L´indifferenza di fronte alla perdita di identitá, l´aviditá di denaro, la dissoluzione dei valori tradizionali, la perdita di interesse per i problemi della collettivitá ladina e cosí via fanno davvero esclamare: "Ci troviamo di fronte alla minaccia della estinzione della nostra lingua e cultura, alla perdita della nostra identitá ladina" o, come dice il Prof. Belardi, ad un "suicidio culturale", e ció a breve termine.

Ancora qualche anno senza cambiamento di rotta e poi il declino verso la snazionalizzazione diventerá irreversibile; Gardenesi e Badioti diventeranno sudtirolesi di lingua tedesca, i Fassani diventeranno trentini, i Ladini sotto Belluno diventeranno veneti, con grande soddisfazione dei politici, che avranno eliminato la seccatura di un terzo gruppo linguistico. Il piú antico popolo del Sudtirolo e delle Dolomiti sará stato stritolato fra l´incudine ed il martello dei due strapotenti vicini, la lingua latina volgare delle Alpi, tramandata miracolosamente sino a noi per 2000 anni, sará una curiositá del passato, menzionata in qualche libro di storia, ... se non avviene un cambiamento radicale di rotta all´ultimo momento.

Gardenesi e Badioti si illudono miseramente, se credono di poter restare Ladini da soli, senza quelli delle altre tre vallate. Grazie alla migliore tutela avranno forse un´agonia piú lunga; ma in circa 17.000, che giá devono tutti imparare ed usare il tedesco e l´italiano, contro circa 300.000 tedeschi confinanti (solo in provincia), che prospettive hanno a lungo andare? Costituendo solo il quattro per cento della popolazione provinciale, continueranno a ricevere non piú del quattro per cento delle attenzioni e delle elemosine del governo sudtirolese. Assieme a pochi altri, il dott. Lois Trebo ha ripetutamente messo in guardia i Ladini del Sudtirolo dall´isolamento, dicendo chiaramente che da soli, separati dalle altre valli, non riusciranno a sopravvivere in quanto tali.

Queste tristi veritá vanno dette; non per demoralizzare, ma per far capire a tutti la gravitá della situazione e l´assoluta necessitá di rimedi radicali. Altrimenti i molti nemici diranno: Se siete stati zitti e non vi siete ribellati, vuol dire che per voialtri va bene cosí. Perché non vi siete fatti sentire? Perché non avete informato il grande pubblico? Perché non vi siete dati da fare?

Goethe disse: "Né un singolo né un popolo deve mai convincersi che sia tutto finito. Alla perdita dei beni si puó rimediare; le altre disgrazie sono lenite dal tempo. Solo un male é irreparabile: se un popolo si dà per vinto".

Calliari scrive: "Il giorno in cui i Ladini riconosceranno ineluttabile la tripartizione politico-amministrativa, avranno sottoscritto la loro fine come minoranza etnico-linguistica ... O la ladinitá é intervalliva, dolomitica, oppure é destinata a scomparire sotto l´incalzante pressione che viene esercitata dalla lingua e cultura italiana da una parte, e dalla lingua e cultura tedesca dall´altra."

Nessun ostacolo é insuperabile a chi veramente vuole; i sacrifici iniziali per liberarsi dall´eterna tutela verrebbero presto ricompensati. Io sono convinto che i Ladini non si daranno per vinti, che ritroveranno la fiducia in sé stessi, la solidarietá fra le valli, la forza di resistere alle tendenze disgregatrici, e sceglieranno la via giusta per un futuro migliore.

Giuseppe Richebuono




A segus