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03/04/2006 Sèberos de Imprenta - Il Provinciale 1.01.2006

Sos battor moros aragonesos, italianos e sardos

de Fabritziu Dettori


IL PRONCIALE OGGI ANNO 17° - 1 GENNAIO 2006

I QUATTRO MORI ARAGONESI, ITALIANI E SARDI

La recente polemica, scatenata dagli esperti di araldica, relativa allo stemma assunto da Papa Ratzinger, Benedetto XVI, il quale ha utilizzato fra gli altri simboli anche un “Moro” per l’identificazione del suo pontificato, sta fornendo un nuovo interesse per l’insegna dei quattro mori di Sardegna. 
Non tutti sanno, infatti, che il “ Moro” è un simbolo, da taluni ritenuto di origine templare, araldico comune in Europa sin dai tempi medioevali, ma utilizzato anche dal sovrano arabo Saladino, “abile politico e prode guerriero” nonché feroce combattente anticrociate del 1190. 
Adottato da cavalieri, nobiltà e clero, il “moro”, compare: singolo, duplicato, triplicato e quadruplicato. Lo stemma di Papa Benedetto XVI è pressoché identico a quello che utilizzò in qualità di Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga (il “Moro è, infatti, l’antico simbolo di quest’ultima Diocesi e rappresenta San Maurizio, un santo molto venerato da quelle parti) e successivamente come Cardinale. 
Nella storia araldica ecclesiatica, troviamo il Papa Pio VII, Barnaba Gregorio Chiaramonti, che utilizzò nei suoi ventitré anni di pontificato, dal 1800 al 1823, un proprio stemma con tre teste di moro. Analogamente, ma con una architettura differente, i tre mori compaiono anche nel blasone del templare Hugo de Payns, il quale secondo gli ultimi risultati storici, altri non sarebbe che l’italiano che fondò “L’Ordine del Tempio”: Ugo de Paganis. 
In Sardegna si registrano alcuni stemmi con “due mori” (tutti di provenienza iberica), come quello che accompagna il Comune di Serramanna (Ca), il quale lo ha ereditato dal casato dei feudatari Brondo al seguito della conquista catalano-aragonese, e della ormai estinta famiglia dei Vacquer. Altri mori in Sardegna comparvero, per esempio, con la famiglia italiana“ De Sena” di Siena, i quali, però, avevano la propria insegna soltanto con un moro, similmente a quello adottato dal comune italiano di Muro Leccese (Le). 
Comunque, il “Moro” più famoso è sicuramente quello della bandiera della nazione corsa, divenuta ufficiale grazie al Generale nazionalista Pascal Paoli. 
Il “Moro”, quindi, ci conduce finalmente nella configurazione quadruplicata che noi sardi più da vicino conosciamo: i quattro mori, ma che non sono una peculiarità sarda. In Sardegna, infatti, furono imposti dai conquistatori catalano – aragonesi che per primi se ne avvalsero per rappresentare ufficialmente il Regno di Sardegna e istituzioni locali in Aragona, tant’è che a tutt’oggi i quattro mori sono la bandiera istituzionale della provincia di Saragozza (vedi servizio sul “Il Provinciale” n°19 del 1 novembre 2004 e L’Oristanese – n° 12 dicembre 2004). 
In Italia i quattro mori fanno parte della storia italiana e sono così importanti tanto che a Livorno costituiscono il vero simbolo della città. Questi, infatti, compaiono ai quattro lati del “Monumento dei quattro mori” dedicato a Ferdinando I, “raffigurato con l’uniforme di Gran Maestro dei Cavalieri di Santo Stefano”, di Piazza Giuseppe Micheli, di fronte alla Darsena Vecchia. L’opera relativa ai mori fu realizzata tra il 1623 e il 1626 dallo scultore Pietro Tacca (Carrara 1577 – Firenze 1640). Ma è nella piemontese Trofarello (Torino) che i quattro mori, riconosciuti quale simbolo storico della città da documenti che ne riportano l’insegna, rappresentano ufficialmente l’istituzione comunale. Una bandiera pressoché identica a quella sarda. I quattro mori di questo Comune campeggiano, quindi, dalla carta intestata del comune, alle magliette e bandiere della squadra di calcio. 
In Sardegna il Popolo Sardo sta prendendo coscienza che i quattro mori sono, oltre che stranieri, la manifestazione della schiavitù catalana–aragonese passata e piemontese–italiana attuale, innescando nel contempo un processo di esautorazione di questo blasone. Forse sbagliano, quindi, coloro i quali si affidano ad una “catena della colonizzazione”, i quattro mori, per rivendicare la sovranità della Sardegna. Per dare un senso compiuto alla storia della Sardegna e alle ideologie moderne di “liberazione natzionale” sarebbe più utile (oltre che logico) e consona l’antica bandiera della Nazione Sarda: l’Albero verde deradicato. 
Fabritziu Dettori

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