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03/04/2006 Seberos de imprenta - Il Sassaresese 15.12.2006

Su Papa e su moro

de Fabritziu Dettori 


“IL SASSARESE” N° 481 – 15 DICEMBRE 2005

I QUATTRO MORI ARAGONESI, ITALIANI E SARDI
UN “MORO” PER PAPA RATZINGER

Il nuovo stemma papale di Benedetto XVI, il quale ha utilizzato fra gli altri simboli anche un “Moro” per l’identificazione del suo pontificato, sta fornendo un nuovo interesse sull’insegna dei quattro mori di Sardegna. Non tutti sanno, infatti, che il “ Moro” è un simbolo araldico, da taluni ritenuto di origine templare, comune in Europa sin dai tempi medioevali, ma utilizzato anche dal sovrano arabo Saladino, “abile politico e prode guerriero” nonché feroce combattente anticrociate del 1190. Adottato da cavalieri, nobiltà e clero, il “moro”, compare: singolo, triplicato e quadruplicato. Lo stemma di Papa Benedetto XVI è pressoché identico a quello che utilizzò in qualità di Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga (il “Moro” è, infatti, l’antico simbolo di quest’ultima Diocesi e rappresenta San Maurizio, un santo molto venerato in Germania) e successivamente come Cardinale. Nella storia araldica ecclesiatica, troviamo il Papa Pio VII, Barnaba Gregorio Chiaramonti, che utilizzò nei suoi ventitré anni di pontificato, dal 1800 al 1823, un proprio stemma con tre teste di moro. Comunque, il “Moro” più famoso è sicuramente quello della bandiera della nazione corsa, divenuta ufficiale grazie al Generale nazionalista Pascal Paoli. Il “Moro”, quindi, ci conduce finalmente nella configurazione quadruplicata che noi sardi più da vicino conosciamo: i quattro mori, ma che non sono una peculiarità sarda. In Sardegna, infatti, furono imposti dai conquistatori catalano – aragonesi che per primi se ne avvalsero per rappresentare ufficialmente il Regno di Sardegna e istituzioni locali in Aragona, tant’è che a tutt’oggi i quattro mori sono la bandiera della provincia di Saragozza (vedi servizio su Il Sassarese n°437 del dicembre 2003). In Italia i quattro mori rientrano nella storia italiana e sono così importanti tanto che a Livorno costituiscono il vero simbolo della città. Questi, infatti, compaiono ai quattro lati, del “Monumento dei quattro mori”, dedicato a Ferdinando I, “raffigurato con l’uniforme di Gran Maestro dei Cavalieri di Santo Stefano” di Piazza Giuseppe Micheli, di fronte alla Darsena Vecchia. L’opera relativa ai mori fu realizzata tra il 1623 e il 1626 dallo scultore Pietro Tacca (Carrara 1577 – Firenze 1640). Ma è nella piemontese Trofarello (Torino) che i quattro mori, riconosciuti quale simbolo storico della città da documenti che ne riportano l’insegna, rappresentano ufficialmente l’istituzione comunale. Una bandiera pressoché identica a quella sarda. I quattro mori di questo Comune campeggiano, quindi, dalla carta intestata del comune, alle magliette e bandiere della squadra di calcio. In Sardegna il Popolo Sardo sta prendendo coscienza che i quatto mori sono la manifestazione della schiavitù catalana – aragonese passata e piemontese – italiana attuale, innescando un processo di esautorazione di questo blasone. Forse sbagliano, quindi, coloro i quali si affidano ad una “catena della colonizzazione”, i quattro mori, per rivendicare la sovranità della Sardegna. Per dare un senso compiuto alla storia della Sardegna e alle ideologie moderne di “liberazione natzionale” sarebbe più utile (oltre che logico) e consona l’antica bandiera della Nazione Sarda: l’Albero verde deradicato. 
Fabritziu Dettori

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