Il risultato delle recenti elezioni non tarderà a confermare che per i sardi, come scrisse un poeta gallurese , “che vinca Filippu chintu o Caralu Imperadori pal noi non và middori, cadendo dalla padella nella brace del centralismo romano.
Non che sia ininfluente chi governi a Roma, ed è giusto che i sardi si siano anche espressi democraticamente, ma l’esperienza ormai acquisita dell’alternanza ha dimostrato che chiunque governi a Roma persevera nel lasciare intatte le principali stimmate del colonialismo interno e della dipendenza per la nostra Isola in assenza di una sovranità all’altezza dei diritti politici della Nazione sarda non esercitati convenientemente.
Lo prova il principale attentato centralista alla nostra pur insufficente Autonomia speciale subito, col consenso e in loro ampi settori con l’entusiasmo del centrosinistra e del centrodestra, quando fu modificato il nostro Statuto con l’imposizione da Roma della vigente legge elettorale regionale che ci ha consegnato un uomo solo al comando ed il depotenziamento del Parlamento sardo. Eppure ciò accade in un momento di larghissima diffusione del sardismo, visto come autonomismo, indipendentismo, nazionalismo, identitarismo o con altri termini che ragionevolmente intendono le varie anime o componenti della stessa cosa e che solo un nominalismo che serve a conservare tanti diversi tancati può giustificare.
Di certo è che dal primo sardismo passando per il neosardismo e per la ventata indipendentistica, molta acqua è passata sotto i ponti e il sardismo odierno si è arricchito di nuove enunciazioni quali la centralità della Nazione sarda, l’importanza della lingua sarda e la necessità dell’evoluzione dell’Autonomia speciale verso il massimo di sovranità statuale all’interno dell’Europa unita attraverso la Costituente. Sono tanti ormai e con diverse ispirazioni ed origini i partiti e movimenti che si rifanno alla Nazione sarda, sia nel Parlamento sardo che fuori. Non molto tempo fa G.Pintore ammoniva : chi crede che il sardismo e con esso il nazionalismo, sia di sinistra, di centro o di destra sta continuando a consegnarlo ad una sconfitta certa, alla replica di disfatte conosciute. Con semplicità e sintesi rilanciava un comune messaggio che, alla luce dei risultati elettorali e della situazione nel Consiglio regionale e nella Giunta, neanche un finto tonto potrebbe fingere di non intendere. Facciamo un segno per terra: qui si mettano i nazionalisti sardi, lì gli statalisti italiani.
Poi fra i primi mettiamoci a ragionare su che fare e intorno a questo progettare. Vedrete che qui cadranno sospetti e primogeniture e tentazioni di dividere i sardi secondo categorie disegnate altrove. Questi preziosi suggerimenti sollecitano a non sprecare l’ampiezza del fenomeno di rinascita dello spirito nazionale dei sardi in questo preciso momento storico. Il mio pessimismo sulla brevità del percorso unitario dei patrioti sardi, mancando ancora la volontà politica positiva e concreta delle élite nazionaliste senza la quale il popolo sardo non può fare un passo in avanti verso l’autodecisione e che continua nel rimanere sparso e diviso, calpestando quella linea immaginaria e invisibile è temperato dall’intervento di Paolo Maninchedda che dimostra una prima ed importante disponibilità pubblica. Si tratta di iniziare un trasparente lavoro riformista e per tappe, centrale per la politica sarda e non solo centrista e non rispondente ad esigenze elettoralistiche che durano lo spazio di un mattino.
I nazionalisti, se lo sono veramente, si siedano ad un tavolo partendo da zero per condividere prima di tutto un grande progetto politico per la Sardegna, che oggi non può che essere elaborato anche in previsione dei prossimi appuntamenti elettorali. Per dare alla Sardegna una autonoma rappresentanza europea e un nuovo Consiglio regionale con un Governo regionale di sovranità. Allora bisognerà procedere con chi ci sta, escludendo solo chi si autoescluda. Questa coincidenza apre spazi impensabili solo pochi mesi fa per la riapertura, solo che si abbia la sensibilità politica, l’umiltà e il coraggio di perseguirlo, di un processo politico tendente all’aggregazione delle ormai molteplici e differenziate anime di matrice sardista, cattolica, socialista, movimentista, in un unico nuovo soggetto politico nazionalista sardo. Non si tratta di far girare indietro le lancette dell’orologio né di proposte di fusione che annullino le diverse identità faticosamente costruite ma di contare non come singole canne che il colonialismo può utilizzare e spezzare una ad una ma strettamente legate l’una alle altre, che sostengano la costruzione della Nuova autonomia speciale con uno Statuto di sovranità, identità e federalismo, per dare libertà e progresso anche economico alla Sardegna. Ripeto ancora una volta.
Tracciamo una linea per terra. Da una parte i nazionalisti o senza dare importanza ai diversi nominalismi, dall’altra parte gli altri. Troviamo assieme le ragioni della nostra unità e mettiamo assieme un programma che sia il minimo comun denominatore utile per ( se ritenuto vantaggioso e necessario ) partecipare a più ampie alleanze per vincere le prossime elezioni, rinnovare il nostro Parlamento, governare la Sardegna con un tasso di sardismo nazionalitario tanto più grande quanto maggiore sarà la nostra unità. Esempi positivi dell’unità nazionalista sono ormai ovunque in Europa, da Barcellona, Bilbao e Dublino, iniziale e indimenticabile punto di riferimento del primo sardismo. La chiama è rivolta a tutti, non parteciperà solo chi dovesse autoescludersi.
Non vi è dubbio che quest’unità, ferme restando le peculiarità d’ogni organizzazione, non si trova con i salti della quaglia a chi è più radicale né col passo scozzese di chi è più realista del re nella moderazione e pragmatismo politico. L’unità nella diversità si può trovare puntando alla creazione federativa del Partito della nazione sarda ( o come lo si voglia chiamare ), sulla base di un minimo comun denominatore programmatico che si costruisce col dialogo, creando un luogo di confronto e scambio d’opinioni come potrebbe essere il Forum dei nazionalisti e con adeguati passi avanti o indietro rispetto agli obiettivi caratterizzanti ciascuna organizzazione o gruppo d’amici che fanno riferimento alla nazione sarda.
Il Forum dovrebbe essere vissuto come una zona franca del nazionalismo che esiste nell’Isola, senza pregiudiziali di nessun tipo, al di sopra della politica contingente vissuta ogni giorno da ognuno dei partecipanti e che vede i nazionalisti magari schierati diversamente ed in alcuni casi in antagonismo ed incomunicabilità. Bisognerebbe pregiudizialmente accettarsi come potenziali componenti di un corpo unitario, con pari dignità e con personalità differenti e diversificate ed anche specializzate nell’intervento politico. Senza dimenticarsi che i giovani sono decisivi per ogni vittoria elettorale e pensando al futuro aver presente che i giovani sardi sono colti ed attenti politicamente. Sono però ancora senza una risposta perché disprezzano chi è disunito.
Non tengono in nessun conto anche il miglior discorso o programma politico nazionalista o sardista, cattolico, socialista o liberal democratico che dir si voglia, se è pronunciato da chi si divide dai propri fratelli. Da chi non possiede l’umiltà e la lungimiranza politica di scavalcare quella linea tracciata per terra per abbracciare i propri fratelli nazionalisti. Ecco, il vento si è levato, inaspettato e forte. Amici nazionalisti uniamoci!!. Offriamo ai giovani un soggetto politico nazionalista di riferimento. Mostriamo unità in un mondo che si divide. Non sarà nostro tutto il mondo ma la Sardegna sì.