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05/04/2005 Parres liberos

Soru, la disfatta

de Fabritziu Dettori

Intantu in s'Isula nostra, numerosa gioventude de talentu e de virtude oziosa la lassana. Così s'innu de su patriotu sardu, denunciava sa Tirannia sotto la dominazione piemontese. I "sardisti" di allora accusavano di oppressione quella razza de bastardos che, rifiutando i "cervelli sardi" per l'amministrazione della Sardegna, prevaricava sui diritti del Popolo Sardo. Nel 1793 gli Stamenti si rivolgevano, quindi, al re Vittorio Amedeo III con cinque domande, una di queste chiedeva: "Riserva esclusiva ai Sardi degli impieghi civili e militari nell'Isola, ad esclusione della carica di viceré". Le domande non furono accolte, motivo, ma non l'unico, per il quale, il 28 aprile del 1794, tutti i piemontesi furono cacciati dalla Sardegna. Evento, poi, solennizzato dal Popolo Sardo nel 1993 con festa istituzionale de sa die de sa Sardinia. Le tematiche di lotta, viste nell'antico inno contro la dominazione piemontese, sono, incredibilmente e per certi versi, rese attuali dal Governo Soru. Questo, infatti, ha svelato, nel volgere di pochi mesi, che quella politica "sardista", presentata agli elettori come "vera" e "moderna", è piuttosto l'involuzione di quel pensiero storico. Il "Progetto Sardegna", con le nomine (le più note) di Assessore alla sanita Nerina Dirindin prima e di direttore generale dell'Asl n°1 di Sassari Bruno Zanaroli poi, ha compiuto, smorzando lo slancio motrice ad un futuro progresso autonomistico che non sia "sardo" solo nominalmente, un'operazione politica di autocolonialismo. Perché autonomia significa: coscienza politica e responsabilità di trarre compiutamente dal proprio popolo gli uomini e le donne per il governo dell'istituzione autonomistica, la quale deve realmente, e non virtualmente, garantire, in primis, l'autosufficienza politica. E', invece, avvenuta una vera e propria demolizione della dignità autonomistica che ripulsa, inoltre, la volontà del Popolo Sardo di emanciparsi dal dominio sciovinista italiano. Una vera e propria disfatta! Soprattutto alla luce dei recenti tagli alla cultura e lingua sarde. Il governo Soru, sottintendendo la volontà di distaccarsi dalla costruzione di una reale autodeterminazione della "Regione", implica un assoggettamento politico e culturale che porterà, in quegli individui privi di coscienza nazionale, alla convinzione che il popolo sardo è incapace di governare "situazioni difficili", e che la Sardegna non può, quindi, autogovernarsi senza i continentali. Oltre a ciò, le decisioni delle autorità regionali mortificano le lotte di moltissimi lavoratori sardi che nel tempo si sono avute contro le "calate dei terramannesos". Come le proteste dell'Assostampa sarda nel 1997, che: "A difesa dei disoccupati sardi e dell'espressione di una cultura ricca di specificità, ma sacrificata costantemente da un centralismo sempre più invadente e dominante", si opponeva vigorosamente alla RAI, la quale in Sardegna assumeva solo italianos. Giacché:"Il rischio di una colonizzazione culturale per la Sardegna passa anche attraverso le scelte del servizio pubblico". Ma altre battaglie sono ancora in corso per gli analoghi motivi, per esempio, come quelle, ormai divenute "storiche", dei docenti precari e degli operai dell'Intermare di Arbatax. Orbene, il Governatore sardo saprà senz'altro che in s'Italia ci sono competenze, le quali potrebbero governare l'"autonomia" anche meglio di lui. Quindi, nel pieno rispetto dei suoi stessi principi, perché non si fa sostituire da una di queste nominandola Presidente della Sardegna?

Fabritziu Dettori
patriotu@tiscali.it

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