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27/04/2005 Parres libberos

No est tempus de unificare

de Jorzi Ispada (Dùasa àtzasa)

L'ideologia linguistica e la decisione politica che hanno ispirato il lavoro conclusosi con la pubblicazione del progetto di "lingua sarda unificata", opera di tecnici dotti in materia e commissionata loro dai rappresentanti dei Sardi nelle istituzioni regionali, da tempo mi fa rammemorare, di sovente, le prime pagine de Il Giorno del Giudizio, di Salvatore Satta, nelle quali, in breve, sin dalle prime righe, l'autore scrive delle abitudini domestiche serali del personaggio principale del romanzo.



Con la discesa al "piano terreno" ha inizio la narrazione del microcosmo di un tempo che fu, e delle vicende di un uomo di quella Nuoro evocata dall'oblio, che principia con il muoversi di Don Sebastiano, nell'oscurità rischiarata da "il lume a petrolio", diretto verso "il vano della scala".

Il personaggio è all'interno dell'abitazione che "vent'anni prima egli aveva costruito", la medesima -poi descritta nel romanzo- che mi sovviene ripensando a talune proposte per la "ufficializzazione della lingua sarda e di un suo uso più ampio da parte delle istituzioni pubbliche e private" ("presentazione" LSU). Essa è "la casa di un notaio" che "non può essere come la casa di un contadino di Sèuna, con la sua corte, il suo rustico patio, la catasta della legna, le loriche per il giogo, e in fondo la cucina col focolare in mezzo alla stanza: questa si è fatta da sé attraverso i secoli, come l'uccello fa il suo nido". Egli abbisognava di una casa che fosse di più che il luogo dove far dimorare la famiglia e crescere i proprii figli (e sappiamo, pure, che era di indole parsimoniosa); la casa di un notaio sarebbe dovuta essere la rappresentazione dell'operosità di un uomo istruito "che si qualificava romanticamente depositario della fede pubblica": segno di una ricchezza economica guadagnata in minor tempo con l'esercizio della sua importante professione cittadina.



Dopo un cinquantennio di autonomia amministrativa, periodo in cui il ceto politico sardo non è esente da manchevolezze e da colpe che, quantomeno, denotano il poco interesse per la cultura nazionale della Sardegna, il Consiglio regionale, nel 1997, ha promulgato la legge per la "promozione e valorizzazione della cultura e della lingua" e successivamente ad essa -come è noto-, nel dicembre 1998, la Giunta conferì "un incarico tecnico-scientifico" ...... "essenzialmente per elaborare un'ipotesi di normalizzazione ortografica e un progetto di unificazione linguistica".

Questo tardivo riconoscimento giuridico (è bene di rammentarlo) è stato favorito dal Consiglio d'Europa, in forma proclamatoria, con l' adozione della "Carta europea delle lingue regionali o minoritarie", nel 1992, che costituisce il testo normativo di riferimento per gli Stati membri del Consiglio d'Europa. Tale provvedimento, che riconosce come " un diritto imprescrittibile" quello di poterle adoperare "nella vita privata e pubblica" è l'esito di un lungo periodo durato oltre quarant'anni! Fin dal primo anno della sua istituzione,infatti, il Consiglio ha esaminato in più occasioni la situazione delle minoranze etniche nei suoi varii aspetti.



Ora, per rimanere nel presente in cui dopo la legittimazione del diritto internazionale anche l'ordinamento giuridico dello Stato italiano, nel 1999, riconosce formalmente pure ai Sardi di poter 'fare' uso pubblico della propria lingua, è opportuno di far riferimento al progetto di unificazione della lingua sarda, tema di questa lettera, che rimane a distanza di anni dalla sua redazione argomento di pubblici dibattiti e motivo di discussioni più o meno dotte ( .... e, forse, di una qualche insofferenza personale in ambito accademico ).

"E così stese disegni su disegni, calcoli su calcoli. Tutto bene, ma egli aveva in mente i palazzi di Roma, le scalee dove gli antichi salivano a cavallo (aveva letto), e così invece di una casa fece una scala, un vano immenso nel quale a ogni piano si aprivano dei buchi che erano stanze, una dentro l'altra, destinando al sacrificio e alla insofferenza la crescente famiglia. Vero è che la gente stupiva, guardando di là della soglia, di quell'atrio inutile e immenso, e comminciava a favoleggiare di chissà quali ricchezze, anche se il capomastro andava dicendo che senza il suo provvidenziale intervento Don Sebastiano sarebbe dovuto entrar carponi nel suo palazzo, tanto bassa era stata concepita dall'ingegnere l'architrave che reggeva la porta"



Io credo che sia tempo di rinunciare ad una qualsivoglia pretesa di imporre uno standard normativo universalizzante -valido sia all'interno che all'esterno- come soltanto i linguisti della LSU (e per definizione non potrebbe essere altrimenti) ed i loro sponsor politici ancora tentano di far prevalere. 

Penso, inoltre, che si debba rinunciare pure all'idea di adottare una 'varietà', idioma, per il linguaggio amministrativo regionale, il burocratico unitario sardo. Perché poi quella proposta dalla LIMBA DI MESANIA? Io conosco e parlo, per esempio, un'altra varietà di confine.

Una ipotesi simile a quest'ultima denominata di Mesania pare sia fra i desiderata del presidente della Giunta regionale Renato Soru che auspica "una sola lingua in uscita".


La questione del sardo è l'epifenomeno di un problema di carattere antropologico non più procrastinabile che inerisce ( in senso di 'aderente' e 'tenace' ) i Sardi come popolo storico e la singolarità di ciascun Sardo come individuo ( essere nel mondo ).

La lingua sarda non ha bisogno di essere creata ( un ingegnere per quanto bravo non potrà farlo! ); necessita di essere conosciuta, soprattutto, per quello che già era ( fenomeno sociale ) sino a non molti decenni addietro, prima che noi Sardi cessassimo -popolo!- di parlarla.

Chi ancora ambisca ad uno standard unico -ed io non nego una norma ortografica pluralistica valida per tutti- sappia e sia cosciente della responsabilità ( nel senso specifico dell'agire etico) che un tale perseverare, se malauguratamente dovesse relizzarsi, avrebbe per esito non certo la festa della lingua sarda.

Koidau, sa zenti.



Kun isperàntzia, ....................................... un saludu mannu,

Jorzi Ispada (dùasa àtzasa).



Post Scriptum

La lettera è stata scritta in data 19 corrente mese, anzitempo aver letto gli articoli di Fois e Cossu dei quali sono venuto a conoscenza soltanto pochi minuti fa.Pensieri che peraltro mi trovano abbastanza discorde (soprattutto quello di Cossu, per le inesattezze che riporta).

Arista(n)isi, 22-04-2005.




A segus