04/04/2005 Rssigna de s'imprenta/ Unione Sarda
de su 04/04/2005
Per una convivenza di tutte le "limbe"
de Roberto Bolognesi
L'intervento di Nino Pala sull'Unione Sarda del 25 marzo ha riaperto il dibattito sulla cosiddetta Lingua Sarda Unificata. In quanto membro della Commissione di esperti, dal cui interno è partita la proposta della LSU, vorrei chiarire alcune questioni. Innanzitutto, la versione finale della cosiddetta LSU non è stata firmata da tutti i membri della commissione: il sottoscritto e i professori Antonietta Dettori e Giulio Paulis hanno sì firmato una versione provvisoria della proposta, ma non quella definitiva, in cui si parla anche di standardizzazione del lessico. I nostri nomi sono stati dunque abusivamente riportati sul libello intitolato Limba Sarda Unificada. Sintesi delle norme di base: Ortografia, fonetica, morfologia, lessico. Perché non ho firmato il documento finale? Perché la cosiddetta LSU non costituisce un'unificazione del sardo, ma è soltanto una variante letteraria del logudorese comune, molto vicina al sardo parlato a Noragugume. Questo fatto è stato dimostrato in modo brillante dal linguista sardo-francese Michel Contini nel suo articolo intitolato Noragugume, così vicino a Nuoro..., pubblicato dalla Cuec con gli atti del congresso "Su sardu. Limba de Sardigna e limba de Europa", tenutosi a Berlino tre il 30 novembre e il 2 dicembre 2001. Naturalmente, non occorre essere degli esperti per rendersi conto che la LSU non contiene quasi alcuna caratteristica tra quelle che contraddistinguono le varietà meridionali del sardo. La LSU unifica soltanto le varietà centrosettentrionali del sardo. Perché ho firmato la versione provvisoria? Perché a pagina 6 del testo c'è scritto: "Ben sapendo che a tale sistema potranno essere apportati degli emendamenti, migliorie, aggiunte, aggiustamenti". Coerentemente con questo passaggio del testo, io ho presentato i miei emendamenti prima che la commissione terminasse i suoi lavori. Con un numero molto limitato di modifiche è infatti possibile emendare la LSU in modo da permettere, a partire da una scrittura unitaria, diverse pronunce: soprattutto le pronunce logudorese e campidanese comuni. Le regole di pronuncia che ho proposto sono regole naturali, già conosciute dai parlanti del sardo e applicate, per esempio, anche ai prestiti dall'italiano. La mia proposta è agli atti della commissione ed è stata pubblicata e distribuita gratuitamente da Condaghes con il titolo "Una normalizzazione democratica del sardo. Norme per una convivenza pacifica delle varietà del sardo." Perché i miei emendamenti non sono stati accettati? Non conosco le motivazioni, ma, parafrasando il titolo dell'articolo di Contini, viene da dire: "Noragugume, così vicino a Sedilo..." Con il cambio della guardia alla Regione, dopo le elezioni, all'assessorato alla cultura era arrivato Pasquale Onida, di Sedilo: a pochissimi chilometri da Noragugume! L'onorevole Onida, diversamente dal suo predecessore, l'onorevole Ballero, non si è limitato a fare da arbitro totalmente imparziale. Come era pienamente suo diritto (e per certi versi, dovere), per mezzo del funzionario delegato, Attilio Dedoni, ha fatto pervenire alla commissione una direttiva politica generale: quella di individuare come lingua sarda ufficiale una varietà unica: unica nello scritto e nel parlato. Ripeto: penso che l'assessore avesse non solo il diritto, ma anche il dovere di dare una direttiva politica generale, assumendosi poi le proprie responsabilità politiche. E infatti così è stato. A quel punto, l'unica proposta che rispondesse al criterio politico adottato dall'assessore era, guarda caso, quella della cosiddetta LSU: nessuno infatti è stato talmente scellerato da proporre una variante campidanese come lingua standard per tutti i sardi. La maggioranza dei membri della commissione ha allora lasciato cadere le proprie riserve e ha firmato il documento finale. Solo in tre ci siamo rifiutati di sottoscrivere la linea politica adottata dall'assessorato. Quanto fossero convinti i firmatari del documento finale si è visto quando, con il rimpasto della giunta, l'onorevole Onida non è stato riconfermato come assessore alla cultura. Diversi firmatari si sono pubblicamente dissociati dalla LSU. L'operato della commissione è stato quindi condizionato dalla scelta politica fatta dall'allora assessore Onida. Appellarsi all'autorità della commissione di esperti non è perciò lecito. La scelta della LSU è stata praticamente una scelta forzata: il merito dell'approvazione della LSU va allora attribuito a chi ha "costretto" gli esperti a operare all'interno di una precisa direttiva politica. Nel suo intervento Nino Pala auspica che la LSU venga oggi emendata per renderla più accettabile a tutti i sardi. Oggi però la cosa è molto più difficilmente proponibile. La LSU viene ormai identificata dai parlanti del campidanese come un attentato alla loro identità linguistica. Il modo in cui i diritti linguistici di questi sardi sono stati negati dai sostenitori della LSU ha prodotto molti danni e lacerazioni. Quando questi danni si potevano evitare, si è preferito rispondere a muso duro e con l'uso di sotterfugi. Oggi mi sembra necessario seguire strade nuove: la proposta di una "Limba de mesania" mi sembra allora molto interessante. La scelta di una varietà intermedia tra campidanese e logudorese contiene in sé il segnale di una volontà di rappresentare tutti i sardi. Come sempre, anche questa strada comporta dei problemi, ma esprime intrinsecamente la volontà di un superamento democratico delle divisioni tra sardi. Comunque, quello che adesso veramente occorre è un progetto politico per la lingua sarda. Seguendo nel bene l'esempio dell'onorevole Onida, occorre che il governo regionale indichi ai tecnici che tipo di lingua sarda ufficiale intende utilizzare: uno standard tradizionale (sul tipo della LSU), oppure una lingua unitaria nello scritto, ma libera di essere pronunciata come si vuole, oppure ancora una lingua che serve solo per stendere i documenti ufficiali della regione, ma senza un uso nel parlato? Spetta ai politici assumersi queste responsabilità politiche. Ai tecnici spetta il compito di analizzare le diverse scelte e, infine, quello di trasformarle in proposte linguistiche concrete. Roberto Bolognesi