30/03/2005 Rassigna de s'imprenta . L'Unione del 24.03.2005
La lingua sarda standard può crescere se viene alimentata dai dialetti
de Nino Pala
S'istudiosu de esperantu Nino Pala botzat sa Mesania (proite est una variedade naturale) e promovet sa LSU (proite est fatia, artificiale) a patu
chi dda mudent unu pagheddu. S'acordiu a sa limba de sa provincia nugoresa giau de unu esperantista at a èssere unu boomerang? In prus Pala non
connoschet o ismentigat duas cosas. 1) Sa majoria de sos limbistas chi ant firmau sa LSU ant denegau sa firma. 2) S'Osservatòriu regionale tenet
àteras cumpetentzias istabbilias po lege. Non tenet cumpetentziuas in matèria de unificatzione. Proite ddu mutit in custa chistione. Pro chie nde cheret ischire de prus de is bideas limbisticas de Nino Pala acco sa bibliografia
Nino PALA, Corso di formazione linguistica mediante la lingua internazionale
esperanto 1979-1986, 475 p. e 15 audiocassette, Cagliari 1992.
Nino Pala, Libertà di espressione, Raffronto tra alcuni aspetti strutturali
della lingua inglese e della lingua esperanto nel ruolo di lingua
internazionale ausiliaria, E.R.A., 30 cm., 48p Euro 7
Bona letura
Sono sempre più numerosi gli interventi sul problema della lingua sarda e almeno su un punto sembra che tutti concordino: le varietà dialettali non sono più una calamità ma una risorsa e, dunque, vanno tutte salvate, protette, potenziate. Nello stesso tempo, sono in tanti a credere nella necessità di una lingua sarda standard, di una lingua regionale per l'uso scritto che, oltre alle funzioni specifiche per un impiego in campo amministrativo, diventa determinante, come lingua tetto, proprio per la salvaguardia e l'armonico sviluppo di tutte le varianti locali, compresi, su un piano di parità, il dialetto Gallurese e quello Sassarese, la lingua catalana di Alghero e il Tabarchino delle isole del Sulcis. Ma quale deve essere la lingua regionale? Com'è noto, la L.S.U., elaborata dalla Commissione di esperti designati dalla Regione Sardegna è stata accolta da molti con entusiasmo, da altri criticata e contestata: da taluni perché percepita come non abbastanza somigliante o affine alla propria variante locale; da altri per l'infondato timore che l'adozione della lingua standard costituirebbe una minaccia per l'uso e lo sviluppo dei vari dialetti. Forse si può avanzare l'ipotesi che la LSU abbia potuto assumere quell'impronta più marcatamente nuorese-logudorese, da taluni contestata, per essere stata impiegata prevalentemente in quella zona dell'isola. È ragionevole ipotizzare che, con un impiego sperimentale più diffuso, potendola "alimentare" col lessico tradizionale, con espressioni e locuzioni tratte da ogni variante locale, potrà lecitamente assumere diverse connotazioni e, continuando ad essere pur sempre LSU, diventare sempre più rappresentativa dell'intera regione. Critiche e contestazioni assumerebbero toni meno aspri se ci fosse una corretta e puntuale informazione su alcuni punti fondamentali. In primo luogo sul fatto che la LSU è proposta come variante scritta, come lingua scritta di riferimento, non come idioma da impiegare oralmente. Non è neppure ipotizzabile che chi volesse esprimersi in sardo nel Consiglio Regionale, per fare un esempio concreto, debba farlo o venga indotto a farlo in lingua standard: ciascuno lo farà utilizzando la propria variante. Taluni usano, quali argomenti ad effetto, affermazioni scontante: è preferibile che ciascuno usi il proprio dialetto piuttosto che una lingua creata a tavolino? come semplicisticamente e con intento denigratorio talvolta definiscono la variante standard elaborata dalla Commissione degli esperti. L'impiego delle varietà dialettali, ormai si sa, non è affatto messo in discussione, non è in contrasto con l'adozione della lingua standard; il progetto di LSU non prende neppure in considerazione l'idea che questa lingua debba sostituirsi ai dialetti che, anzi, si troverebbero tutti su un piano egualitario. Critiche e proposte alternative e integrative si sono dunque susseguite, dopo la pubblicazione da parte della Regione Sardegna della Limba Sarda Unificada. C'è chi sostiene l'opportunità di assecondare semplicemente il tradizionale plurilinguismo dialettale e ci sono coloro che vorrebbero fare assurgere a lingua rappresentativa regionale una delle varianti locali. Sarebbe come voler collegare Porto Torres con Cagliari mediante una strada che prenda per modello un bel viale o un bel viottolo di campagna, come ce ne sono tanti nella nostra isola: che forse ha i bordi cosparsi di ciclamini e violette ed alle spalle una storia secolare; molto romantico, ma non altrettanto funzionale, per quello scopo specifico, come una moderna autostrada progettata da esperti ingegneri. Ciò vale anche per la Limba de Mesania, denominazione suggestiva, affascinante, che evoca impropriamente il concetto di elemento mediano, di lingua ponte, ma che di fatto, essendo incentrata sulla varietà parlata in una determinata zona ? e nessuno contesta il fatto che per gli abitanti di quella zona funzioni perfettamente ? ma proprio per questo motivo non è adatta a rappresentare, da nord a sud, i Sardi dell'intera isola. La lingua standard, per svolgere appieno la sua funzione mediatrice, deve preferibilmente essere costituita da strutture e paradigmi, pur ispirati alla tradizione, il più possibile regolari, con un sistema grafico e fonetico coerente, aperta all'espansione lessicale, con poche norme chiare e facilmente applicabili. Tutto questo non può che essere frutto dell'intervento di esperti linguisti. Nel caso della LSU, com'è noto, questi esperti sono stati individuati, ufficialmente incaricati e finanziati dalla Regione Sardegna per elaborare un'ipotesi di normalizzazione ortografica e un progetto di unificazione linguistica. Hanno operato collegialmente e, tenendo conto degli esiti lessicali di tutte le varietà, da quelle settentrionali a quelle meridionali, hanno elaborato ragionevoli norme per una effettiva mediazione fra tutte le varietà dialettali; hanno quindi attuato quegli interventi suggeriti dalle proprie competenze specifiche non disgiunte da illuminato buon senso, per rendere la lingua funzionale al compito che deve svolgere: lingua scritta di riferimento, non dimentichiamolo. Ciò non comporta che la lingua così normalizzata sia perfetta! Quale lingua può mai raggiungere la perfezione? Gli stessi esperti non solo ammettono che, come ogni lingua, anche questa va perfezionata e continuamente adeguata con l'uso, ma indicano persino gli strumenti attraverso i quali procedere agli aggiustamenti durante la necessaria sperimentazione. La lingua standard (che, non va dimenticato, non sostituisce i dialetti, non è in competizione con i dialetti, non ne limita ma ne favorisce l'uso e lo sviluppo e proprio dai dialetti trae la sua linfa vitale) deve poter essere appresa facilmente, in tempi brevi. Deve poter svolgere la sua funzione mediatrice anche sul piano didattico come utile elemento di confronto, partendo ciascuno, in ogni località, dallo studio della variante locale. Così come ? ci sia consentito il paragone ? il sistema metrico decimale è diventato termine di raffronto fra gli innumerevoli sistemi di misura tradizionali, così pure la lingua standard sarà il termine di riferimento per confrontare e meglio comprendere gli esiti lessicali diversi (tutti rispettabili e tutti storicamente giustificati) delle diverse varianti della nostra lingua. Le sue funzioni sono dunque tali che non può essere valutata con gli stessi parametri con cui si può valutare una qualunque variante locale e proprio quelle caratteristiche che taluni impropriamente giudicano negative (l'essere la lingua standard frutto di un intervento normalizzatore) sono invece il suo specifico punto di forza. Così è stato fatto in Catalogna e in altre regioni europee. Con lo stesso criterio è stato realizzato e funziona il Ladin dolomitan, la forma standardizzata del ladino per l'uso scritto. Proprio per queste ragioni nessuna delle varietà dialettali può essere designata a svolgere il ruolo di lingua standard: perché non ne possiede le caratteristiche peculiari; perché motivi di comprensibile orgoglio ne impedirebbero l'accettazione generalizzata e la diffusione; perché una tale scelta costituirebbe ? questa sì ? una reale minaccia per lo sviluppo e la sopravvivenza stessa di tutti gli altri dialetti. I parlanti della varietà prescelta verrebbero a trovarsi in una situazione di ingiusto privilegio rispetto agli altri Sardi. La loro varietà, acquistando crescente visibilità in tutta l'Isola, si svilupperebbe a dismisura vanificando nei fatti la dichiarata ufficialità e pari dignità di tutte le altre. Lo standard costituito dalla pur emendabile ma solida base strutturale caratterizzante la LSU, costantemente arricchito dal lessico ereditario, che può essere attinto da ogni varietà dialettale come prevede la norma costitutiva, diventando così sempre più rappresentativo dell'intera regione, integrato con le proposte più appropriate formulate da varie parti, anche da parte di taluni sostenitori della Limba de Mesania, appare la soluzione più opportuna, facilmente praticabile ed economica. Del resto, con quale criterio potrebbe mai la Regione Sardegna accantonare, senza neppure averlo sperimentato, il frutto del serio lavoro svolto da una commissione, ufficialmente incaricata e finanziata dallo stesso ente regionale, formata da cattedratici ed esperti linguisti? Forse per differire ancora la soluzione del problema incaricando eventualmente una nuova commissione che finirebbe col realizzare un prodotto analogo? Non basta a questo scopo il già esistente Osservatorio regionale per la cultura e le lingua sarda? Oppure, con quale criterio potrebbe mai rinunciare a intraprendere la strada dell'ufficializzazione dello standard in nome di un plurilinguismo dialettale di copertura, che equivarrebbe a lasciare le cose come stanno?