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12/03/2005 Parres liberos

Limba: est pretzisu denuntziare sa Regione? 

de Graziano Fois

Non so se leggerete questa, se la pubblicherete o cosa intendete fare. Io però vi dico quello che ho da dirvi. Teneis passientzia, ma i metodi e le strategie finora utilizzati mi sembra che, come risultato attuale, abbiano portato ad un nulla di fatto. Sta diventando una lotta onanista: si cerca di dialogare con chi evita il dialogo e il dialogo è come l'amore, si fa in due, se no è altro ...
Cosa vuol dire? Vuol dire che voi protestate, vi arrabbiate e i nuovi signori del palazzo, più supponenti e pieni di pletora di tanti altri che li hanno preceduti (di quelli che verranno non so, non mettiamo limiti al desiderio masochistico dei sardi, che li hanno votati. E ho detto tutto, come diceva Peppino a Totò). Potrebbero esserci altre strade? Forse: ci potrebbe essere un'iniziativa che squalificherebbe la pseudo-autonomia, ma tanto, così com'è, è solo il modo di salvaguardare i propri interessi in collaborazione con lo stato italiano; allora "usiamo" lo stato italiano per garantire l'interesse di molti, l'uso e l'insegnamento della lingua sarda. Se no qui si finisce come negli anni Settanta: lingua o dialetto? E dopo anni di dibattiti e cazzate su una questione più che stupida da un punto di vista linguistico (non esiste una differenza tecnica tra lingua e dialetto, caso mai ne esiste una sociolinguistica, negli anni Settanta materia sconosciuta ai più, basta rileggersi i commenti dell'epoca), oggi si dibatte per convincere i vassalli del Signore di qualcosa che il Signore non vuole.
Allora cosa? Portare la questione di fronte alla Corte Costituzionale o a quell'organo preposto al controllo sull'attuazione delle leggi (parlatene con un avvocato, uno bravo però). Questo perché:
1) Lo stato italiano ha emanato una legge, nella legge si dava alla regione il compito di stabilire le modalità di attuazione; ma se le regioni non attuano niente, non stanno ottemperando al principio legislativo dell'entità politica superiore, lo stato italiano ovvero una sua legge. E questo è già di per sé una violazione della legge medesima. Dal canto suo lo stato italiano ha già ottemperato: i tribunali sardi hanno già la lista dei traduttori ufficiali, in caso di richiesta dell'interessato. Con tutti i problemi della giustizia, sono stati più veloci della Regione.
2) Demandare le modalità è espressione legislativa generica, ma se è vero, come è vero (visto che l'ho letto nel vostro sito) che il Ministero (italiano) dell'Istruzione ha investito dei soldi per la lingua sarda, già questo atto evidenzia le carenze della Regione.
3) Per fare ciò bisognerà anche portare a confronto cosa si è fatto nelle altre regioni, sempre per evidenziare le carenze di questa regione.
4) Se tutto ciò non basta, si individui l'organismo dell'UE che giudica su tali materie (anche se il giudizio non ha valore vincolante, ma morale).
Insomma, credo che sia giunto il momento di far rispettare una legge italiana. Se ne fanno rispettare a migliaia qui da noi, perché questa sulla lingua non lo deve essere?
Tutto il resto sono dibattiti che finiscono poi per attorcigliarsi su sé stessi, anche perché si è capito che i critici, la proposta della LdM non l'hanno manco letta (vedi Angioni e, da notizie riferitemi e attendibili, vedi Lavinio, che è, tra l'altro, un consigliere). E allora cosa dialoghiamo a fare? Con chi? Cun sa muralla fatta a bisura de assessori?
Un caro saluto.


Graziano Fois



Pubblichiamo con piacere e condiviadiamo. Proprio in questi giorni abbiamo incaricato l'ufficio legale de su Sotziu Limba Sarda di studiare la possibilità di citare la Regione Sardegna per inadempienza. Speriamo di trovare una formula giuridica sufficiente.


Peppe Corongiu

A segus