19/03/2005 Rassigna de s'Imprenta - La Nuova 17.03.2005
Tagli del 50 o 60 per cento sulla cultura sarda. Si vuol far morire l'identità?
de Giuseppe Corongiu
Non solo querule proteste per i tagli. O lamentazioni da questuanti. Anzi, volontà di accettare la sfida del nuovo scioccante metodo del governo regionale. Un confronto che passa dalla denuncia alla proposta immediata, del resto già presentata mesi fa (…prima della protesta…) direttamente al tavolo del Governatore. Un comitato di formazioni culturali, coordinati da su Sotziu Limba Sarda, ha indetto per venerdì 18 nel capoluogo sardo una manifestazione contro la cosiddetta mannaia “anti-sprechi”. Una “festa”, l’abbiamo definita, contro i tagli che colpiscono lingua e cultura sarda, libero associazionismo, tradizioni popolari, gruppi strumentali di musica sarda e editoria minore. Scopo: portare all’attenzione dell’opinione pubblica, e dello stesso consiglio regionale, l’ingiusto trattamento riservato dal governo regionale all’identità”. Mentre in tutti i settori culturali i tagli si aggirano intorno al 20%, i capitoli di bilancio che in qualche modo finanziano la cultura sarda sono stati ridimensionati con una media del 50-60 %. Si registrano inoltre punte di accanimento dell’uso della mannaia di risparmio dell’80-90% in capitoli “strategici” come quelli dell’intervento pubblico sull’organizzazione de “Sa Die de sa Sardigna”. O dell’editoria minore, che è l’unica a stampare i libri in lingua sarda. O di borse di studio e master universitari che servono a formare (e a dare occupazione) ai giovani che hanno deciso di “puntare” sulla lingua e sull’identità per il loro futuro. E che oggi vengono traditi e abbandonati a se stessi.
E’ giusto risanare le finanze regionali, tutti accettano di fare sacrifici. Il trattamento però è disuguale. Tra i privilegiati il teatro lirico di Cagliari, i festival jazz, i “grandi eventi per turisti” (criticati quando a farli era la Destra), gli sponsor sportivi e tutta l’industria dello “spettacolo assistito”, che spesso non fa altro che operazioni di “import” commerciale, senza mai promuovere l’export. I numerosi emendamenti proposti nelle commissioni competenti per ripristinare i fondi soppressi sono stati quasi tutti bocciati dai rappresentanti di giunta e maggioranza. Preoccupante (un unico esempio) il trattamento (che lascia molti dubbi sulla certezza del diritto amministrativo nella Regione) riservato ai fondi 2004 per la limba nei media di massa, lasciati andare in economia nonostante siano vincolati al rispetto del piano triennale della legge 26/97 e al parere obbligatorio di Commissione e Osservatorio. La Giunta Soru intende spendere in questo settore, nel 2005, la strabiliante somma di 100 mila euro. In questi giorni i Paesi Baschi spendono 3 milioni e 600 mila euro (senza contare le spese per la radiotelevisione in euskera), la Catalogna 2 milioni solo per una campagna pubblicitaria sull’uso del catalano, le Baleari hanno inaugurato la loro radiotelevisione in lingua (e non sono più ricchi di noi).
Si vuole far morire la lingua, le tradizioni e l’identità sarda? Basta dirlo. Senza fingere. E’ evidente che non si tratta di scelte uniformi di tagli obbligatori che colpiscono tutti. Si fa una selezione non casuale, sulla base di valutazioni politiche. Si tratta di scelte di politica culturale che, seppur legittime, non vengono condivise da chi scrive. Vanno comunque rese note e dichiarate all’opinione pubblica che ha premiato elettoralmente la maggioranza su una proposta politica basata sull’identità culturale sarda. Ma oltre la rigida politica finanziaria, ciò che si vuole denunciare è la mancanza di un orizzonte di politica linguistica, identitaria culturale che si profila in questi primi mesi del nuovo governo regionale. Anzi, c’è il pericolo di una nuova omologazione e globalizzazione culturale. Prevale, fino ad ora, nella Giunta e nei gruppi consiliari una visione provincialistica e inadeguata della realtà culturale dell’isola. Falsi cortigiani e intellettuali “à la pàge” mettono il Governatore e il suo assessore sulla strada sbagliata. E’ ora di invertire la rotta. Le proposte alternative (senza maggiore esborso di denaro pubblico) non mancano. Basta avere il coraggio di ascoltare.