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03/02/2005 Poesias dae Terramanna

Tsunami

de Maria Luisa Sotgiu

Ho scritto una poesia, chiamiamola così, sul cataclisma accaduto un mese fa circa. Non è scritta in limba; sono di padre sardo, ma nata in Alto Adige e quindi semmai so il tedesco. Aspetto che qualcuno lo sappia insegnare via Internet...potrebbe essere possibile? Servirebbe ai tanti sardi che sono in giro per il mondo e hanno dimenticato o come me, sarda a metà , che non l'ho mai imparata e mi picerebbe conoscerla.

Una brezza spira lieve. Si sente un’aria tiepida

Il mare è calmo ed invitante. La giornata sarà divertente.

Piena di sole, di sabbia che è fine, a tratti luminosa;

di mare turchese, di pesci colorati, di palme enormi,

di turisti che nuotano, prendono il sole o corrono felici,

di barche pronte a salpare per andare nell’oceano.



Tutto è calmo, non c’è vento. Il cielo è quasi pulito,

solo alcune nuvolette girano pigre nel cielo: sono innocue.

La gente gira per le spiagge felice della vacanza in “paradiso.”

Tutti ignari che il mostro sta arrivando silenziosamente.

A tradimento!

Al placido orizzonte si nota una linea bianca, un’onda grande,



quasi un cavallone a mille metri dalla riva…la linea bianca

si avvicina sempre più, s’ingrandisce, si alza, avanza più veloce….

Pare una frangia spumeggiante lungo tutto l’orizzonte.

Il mare intanto lentamente si gonfia, si gonfia sempre più.

Nessuno capisce che cosa stia accadendo, cosa avviene 

laggiù nella linea bianca, ancora lontana dalla riva.



Qualcuno avanza sulla spiaggia in direzione della candida onda,

ma nessuno ancora capisce cosa stia avvenendo, perché il mare è gonfio:

Nessuno capisce il pericolo che sta furiosamente arrivando: perché un’onda alta?

L’onda intanto si avvicina sempre più, si amplia, già dietro se ne scorge un’altra.

E il mare retrocede e nessuno capisce cosa sta per avvenire, non sanno il perché

di tutti quei segnali strani, di quell’acqua spumeggiante che avanza a tutto spiano



Non è un cavallone, questo l’hanno capito in tanti, subito il mare retrocede.

No, l’onda avanza sempre di più, veloce, altissima, incombente, sempre più alta

Sempre più rumorosa, sempre più minacciosa, sempre più distruggitrice.

Scaraventa tutto ciò che trova sotto di sé, butta tutto di qua e di là, come per farsi largo.

Tutti urlano, fuggono il più lontano possibile si riparano all’interno delle case dove possono.



Intanto il mare “esce dagli argini” come un fiume in piena: è tsunami, “l’onda del porto”.

La chiamano così i giapponesi che sono dolci nella lingua. Tsunami , un nome che

si scioglie in bocca. Un amabile suono che fa pensare a una fascinosa geisha intenta

a intrattenere, con le sue arti, qualche bell’ufficiale americano in una casa da tè nella

luna d’agosto…invece è violenza, spavento, orrore, morte, distruzione.

Maria Luisa Sotgiu 26 gennaio 2005

(Ispirata da alcune riflessioni di Vito La Colla, trovate su un forum)

A segus