01/02/2005 Rassigna de s'Imprenta/Giornale di Sardegna de
su 31/02/2005
Limba de Mesania, il ponte tra Nord e Sud
de Christian Paolo Loddo
Sa Limba de Mesania non è una lingua artificiale ma il risultato della storia e della società sarda e ha la valenza di essere una via di mezzo tra la variante logudorese e campidanese. Questo in sintesi il messaggio del convegno tenutosi a Villagrande che ha visto illustri esponenti del dibattito sulla lingua sarda. Il convegno è stato organizzato dall'associazione "Amistade" e tenacemente voluto dall'assessore all'identità di Villagrande, Gabriele Basoccu. Significativo anche il luogo del convegno: la lingua di Mesania è una lingua di confine tra capo di sopra e capo di sotto e si parla in un territorio che come un incudine penetra dal Mandrolisai e Barbagia di Belvì fino a restringersi alle comunità di Villagrande e Talana. Il convegno si è tenuto interamente in sardo: "Essendo una lingua di confine - spiega Mario Puddu uno dei principali sostenitori di detta variante - fa come da ponte: è infatti a metà strada tra le varianti del Campidano e quelle della Barbagia di Ollolai e Logudoro": dal punto di vista linguistico ha caratteristiche sia dell'una che dell'altra varietà. A questo punto ecco la proposta di utilizzo di questa variante come lingua burocratica della Regione per le comunicazioni in uscita. In altri termini: ognuno potrà rivolgersi nella propria varietà locale agli uffici regionali ma la Regione risponderà in lingua di Mesania perché intesa da tutti. Una risposta alla L.S.U. (Lingua Sarda Unificata) progettata a tavolino da Diego Corraine con l'ausilio di studiosi che non hanno cercato di mediare tra l'idea della L.S.U. e i reali bisogni della gente: "Rischiava di diventare come il Parco - spiga Beppe Corongiu, presidente del Sotziu de sa Limba Sarda - che è stato imposto dall'alto senza conoscere le realtà del luogo". Michele Ladu di Ollolai ha a tal proposito messo in evidenza che, dove è stata imposta una varietà artificiale oppure una sola tra le tante, i parlanti, magari a distanza di tempo, si sono rivoltati contro tale imposizione: esempi eclatanti di ciò la Catalogna e i Paesi Baschi. Si è messo altresì in evidenza che un utilizzo di detta variante si ha già nella Carta de Logu promulgata da Eleonora di Arborea: unico esempio dell'utilizzo del Sardo come lingua di diritto e amministrazione. Quando cioè la Sardegna era libera da stati colonizzatori era stata in grado di bastare a se stessa linguisticamente: perché non seguire quell'esempio? Tanti altri interventi: dalla riscoperta dell'identità al tentativo di farci vergognare di noi stessi, dal ricordo degli anziani sui primi approcci forzati alla lingua di stato italiana al desiderio dei giovani per un possesso concreto e utile del Sardo. "La lingua siamo noi - chiosa Mario Puddu - come la nostra storia, la nostra economia: per questo vale la pena di continuare a parlarne"
Christian Paolo Loddo