08/02/2005 Rassigna de s'imprenta - L’Unione Sarda 5.2.05
Il nostro lavoro è nato da una minuziosa ricerca: contestarlo non aiuta il sardo
de Diego Corraine
La Legge dello Stato 482/99 ha da qualche anno consentito al sardo un uso ufficiale accanto all'italiano, soprattutto nell'uso amministrativo. Un risultato storico, a lungo atteso, che la Provincia di Nuoro e altri Enti (università, imprese, scuole, comuni e comunità montane) hanno accolto con entusiasmo e coerenza con le aspettative pluridecennali manifestate dai Sardi. Per l'anno 2001, con il progetto di politica linguistica "Su sardu de oe e de cras: limba de totus, limba pro totu", finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (ai sensi della 482), attraverso l'istituzione dell'Ufitziu de sa limba sarda incaricato di realizzarlo, la Provincia nuorese ha disposto azioni per assicurare l'uso scritto ufficiale del sardo in ogni ambito e uso della società e dell'amministrazione. Subito ha dovuto affrontare il problema, per molti spinoso, di quale variante scritta usare. Dovendo passare, immediatamente, senza rinvii possibili, all'azione, non ha avuto nessuna esitazione e ha adottato, in via sperimentale, e senza alternative possibili, la LSU (Limba Sarda Unificada), voluta dal Governo sardo e da esso presentata come proposta nello stesso 2001.
Il problema, di fatto, è strategico: si vuole o no una lingua di riferimento scritto? Questa è la vera discriminante. Si ha l'impressione che senza uno standard sardo scritto, nessuna ufficialità sia possibile fuorché per l'italiano, e che il sardo sarebbe relegato in posizione subalterna, solo come fiore all'occhiello di un'identità folclorica, perduta, alla deriva della storia. Ma non una lingua per l'ufficialità, per l'oggi e il domani, come finalmente possibile sulla base delle leggi dello Stato, della Regione e delle Carte internazionali.
Del resto, la Lsu ha dalla sua parte il fatto che si è trattato di un progetto di alto profilo, commissionato dalla Giunta regionale di centro-sinistra, con assessore alla cultura Balleto (n. 59/117 del 29-12-1998), a undici studiosi riconosciuti come tali dalla Giunta stessa (Blasco Ferrer, Bolognesi, Delogu, Dottori, Paulis, Pittau, Rubattu, Sole, Wolf, Porru e il sottoscritto), e confermato dalla successiva Giunta di centro-destra con assessore Onida. La Commissione ha lavorato per due anni, durante 21 riunioni per complessive 120 ore e anche più. Ogni riunione si è svolta in uffici della Regione sarda, alla presenza di un suo funzionario e di un verbalizzante, con totale trasparenza e assunzione di responsabilità personale e di gruppo. Gli esperti hanno sempre avorato in regime di collegialità, analizzando le proposte di ciascuno e mettendo sempre ai voti tutte le decisioni. La maggioranza delle riunioni si è conclusa con deliberazioni, sui metodi, i criteri e le soluzioni, prese all'unanimità, qualche volta a stragrande maggioranza. Nessuno si è dimesso o ha rinunciato all'incarico per dissenso o ha contestato il metodo e i criteri di lavoro.
Ripensamenti posteriori alla data della firma apposta, pur leciti, non sono stati considerati accettabili da nessuno dei contraenti dell'accordo: per serietà. Serietà e deontologia professionale vorrebbero, infatti, che studiosi di chiara fama, responsabili e indipendenti, assumano i vantaggi e gli svantaggi delle proprie decisioni. Il progetto finale è stato firmato da tutti (con la sola eccezione delle due pagine relative al lessico, passate a maggioranza), consapevoli del fatto che, allo scadere della convenzione, per tutti il 2.3.2001, l'Assessorato, sollecitato dall'opinione pubblica, avrebbe pubblicato il lavoro cosi come si era concluso il 28.2 2001 perché tutti i Sardi interessati ne prendessero visione. Tutti i documenti singoli e collettivi, del resto, sono a disposizione in originale, e con firme autentiche, presso l'Assessorato della Cultura. A molti è sfuggito, forse non conoscendo il testo della Lsu, che la Commissione ha ottenuto la mediazione linguistica proposta esaminando, fenomeno per fenomeno, in modo minuzioso, tutte le differenze presenti anche nella più piccola varietà di sardo (basandosi soprattutto sull'Atlante di geografia fonetica del sardo, redatto dal professor Michele Contini dell'Università di Grenoble e completato dalla dottoressa Maria Giuseppa Cossu), le distanze di queste varietà con le altre, e di tutte dal latino, matrice comune. Se dovessimo semplificare e esemplificare questa ricerca della mediazione evolutiva e non banalmente geografica (prendendo in considerazione tutto il sardo, comprese le varietà centro-orientali, fortemente carattezzate e conservative relativamente a certi fenomeni distintivi del sardo rispetto alle altre lingue romanze), potremmo prendere in considerazione, a mo' di esempio, la parola latina "pacem" (pron. pakem) e i suoi risultati sar- di: pache (Baronie), pahe (Dorgali, Urzulei), pa°e (Oliena, ecc.), paghe (Marghine, Goceano, Meilogu, ecc), page (Ogliastra), paxi (da Cagliari a Oristano). Senza togliere valore a nessuno dei risultati locali, ugualmente e degnamente rappresentativi del sardo, la Commissione ha ritenuto di proporre, come riferimento scritto mediano, "paghe" distante dal più conservativo "pache" e dal più innovativo "paxi". E così via per tutti gli altri fenomeni dove ci sono differenze di realizzazione locale. Nell'equibrata ed efficace sintesi, voluta e scritta dal professor Blasco Ferrer, che sta all'inizio della proposta Lsu, si spiega che «la norma standard unificata deliberata dalla Commissione intende realizzare una mediazione fra le varietà centro-orientali, più conservative, e quelle meridionali dell'Isola, più innovative, ed è rappresentativa di quelle varietà più vicine alle origini storico-evolutive della lingua sarda, meno esposte a interferenze esogene, largamente documentate nei testi letterari, e fuori della Sardegna maggiormente insegnate e rappresentate nelle sedi universitario e nel mondo scientifico». Si può e si deve parlare di "medianità" non in modo astratto e retorico ma solo se si dichiara entro quali estremi essa si colloca, e la Lsu lo fa con chiarezza, in base a criteri previamente stabiliti e al metodo di confronto linguistico suesposto. Senza contare che la "mediazione" della Lsu, cosi ben definita dal professor Blasco Ferrer, deve essere strumento di intermediazione e relazione non solo dentro il Sardo ma anche - e a maggior ragione di altre proposte possibili - per tutti i Sardi che parlano altri idiomi della Sardegna (catalano, sassarese, gallurese, tabarchino).
Naturalmente, nella proposta Limba Sarda Unificada è anche detto e scritto - e non potrebbe essere diversamente - che ognuno è libero di pronunciare il sardo scritto di riferimento secondo modalità individuali o locali. Questo è, peraltro, il cammino percorso (compresi i criteri e i metodi) da altre lingue che hanno voluto rendersi ufficiali, compreso il galego, il romancio, il friulano, lingue parlate da milioni di persone come il catalano o da 30 mila persone come il ladino. Proprio guardando altre esperienze di successo, traiamo i protocolli di come si forma uno standard e le componenti che lo rendono possibile: un committente autorevole (la Regione Autonoma della Sardegna nel nostro caso), una squadra di tecnici con competenze specifiche (la Commissione Lsu), la finalità da raggiungere (una proposta di lingua di riferimento scritto: la Lsu), il materiale linguistico da esaminare (tutto il sardo), criteri e modalità di selezione (quelli espressi nella Lsu), modalità di lavoro (lavoro e decisioni di gruppo, con convocazioni ufficiali, riunioni numerose e verbalizzate). Niente di più democratico e autorevole!
Il lavoro della Commissione è stato tanto più importante perché in essa si sono confrontate, pienamente, democraticamente e nei mutuo rispetto di tutte le opinioni espresse, molte delle idee, anche distanti, presenti nella società. Per la Lsu sono certamente possibili aggiustamenti, ma solo sulla base della sperimentazione e dell'uso, se vogliamo anche capitalizzare i frutti di un lavoro pluriennale, serio e scientifico come quello della Commissione, sul quale la Regione ha investito risorse. Se la Lsu non è un obbligo per nessuno, è anche vero che può essere usata, liberamente, da chi lo desidera, così come fanno la Provincia di Nuore o altri enti pubblici e privati della Sardegna o singole imprese e scuole. Per il vero, sono possibili anche altre proposte. In cuor loro, tutti i Sardi sembra che ne abbiano una, sempre alternativa, per conciliare l'esigenza di salvare le differenze e quella di avere una lingua scritta di riferimento. Così come accade nel calcio, quando ci si vuole sostituire, con facili soluzioni o consigli, ai tecnici, ad allenatori o direttori sportivi. Per lo più, però, si tratta di pro-poste ingenue o prive di preparazione tecnica e di autorevolezza. Ma, tant'è, ognuno è libero di proporre e di proporsi. Anche nel caso della lingua.
Riproporre in continuazione, comunque, il problema di "quale lingua, come scrivere", oppure invocare soluzioni dagli esperti per poi crivellarle a man salva, credo che non serva, che sia solo un esercizio di autolesionismo collettivo e che nasconda la volontà di lasciare le cose come stanno e, nel nostro caso, di non applicare davvero la legge 482/99, da tutti voluta per assicurare l'uso ufficiale del sardo.
Non ci sentiamo pronti e maturi per una decisione chiara in materia, di standardizzazione per l'uso ufficiale? Sperimentiamo, allora, con serenità e spirito costruttivo, accanto e a complemento di tutte le varietà locali, la proposta di standard scritto più autorevole, già codificata e pronta all'uso - la Lsu - ben sapendo che quante più varietà scritte avremo, anche locali, tanto più difficile sarà per il sardo competere con l'italiano negli usi ufficiali. Se non saremo capaci di fare questi passi, in breve tempo si radicherà l'idea che il sardo non sia adatto per la modernità e l'amministrazione pubblica, e che quindi non possa far altro che scomparire come ha fatto l'economia tradizionale, l'abbigliamento tradizionale, e tutte le espressioni culturali che il passato ci ha consegnato e che la Sardegna sta disperdendo.
Il tempo non è a favore del sardo. Ogni azione dilatoria o diversiva servirà solo a comprometterne il futuro.